Nel panorama musicale contemporaneo, sempre più affollato da suoni digitali e produzioni ultralevigate, fa un certo effetto imbattersi in un progetto come quello di Duendeblu. Il suo album Eroi & Mostri è una raccolta di nove tracce indie rock che riportano al centro il racconto, la voce, la chitarra, la fragilità e la rabbia. Tra queste spicca “L’ultima dea”, un brano che sa di malinconia urbana e di poesia vissuta. Un ritorno consapevole alla forma canzone, ma con l’urgenza espressiva tipica dei nostri giorni.
Con “L’Ultima Dea”, il cantautore italiano Duendeblu ci consegna un brano che profuma di autenticità e coraggio creativo. In un panorama musicale spesso appiattito su cliché digitali e produzioni senz’anima, lui sceglie la via più difficile ma anche più sincera: quella della parola vissuta, della melodia ruvida, dell’indie rock con radici cantautorali, dove ogni nota porta il peso di un’esperienza e ogni verso l’urgenza di dire qualcosa che conti.
Il brano fa parte di “Eroi & Mostri”, un progetto di 9 canzoni pubblicato da poco sulle piattaforme digitali. Il titolo non è casuale: siamo in un universo musicale fatto di chiaroscuri, di dualismi emotivi, di battaglie interiori in cui convivono la luce e l’ombra. “L’Ultima Dea” si muove dentro questo equilibrio precario, esplorando temi come l’abbandono, la perdita di senso, la disillusione, e quel bisogno quasi disperato di restare umani mentre tutto intorno sembra volerci disumanizzare.
Musicalmente, Duendeblu si muove su territori indie rock d’autore, con arrangiamenti essenziali ma potenti, capaci di dare voce a una scrittura densa, spesso poetica, sempre viscerale. Non c’è finzione né orpello: è la sostanza che parla, è la voce di chi resiste, di chi ancora crede che la canzone sia un atto politico, esistenziale, umano.
“L’Ultima Dea” è forse la figura salvifica che ci portiamo dentro, quella che ci guida nei momenti più bui, o forse è solo un’illusione a cui ci aggrappiamo per non crollare. La bellezza del brano sta proprio qui: nella sua ambiguità luminosa, che lascia spazio all’ascoltatore per riconoscersi, per riempire i vuoti con la propria storia.
Conclusione
Duendeblu firma un brano vero, ruvido e necessario. Un ritorno alla forma-canzone come atto di resistenza, dove la melodia accompagna un racconto fatto di crepe e speranza. Per chi ama la musica che non ha paura di guardare in faccia il dolore, “L’Ultima Dea” è un ascolto imprescindibile.