Nel panorama musicale cantautorale italiano, Francesco Rampino si distingue per la delicatezza con cui riesce a mettere in musica le sfumature delle emozioni più intime. Con il nuovo singolo “Parlare con te (Ho sognato che…)”, ci regala un viaggio onirico dove sogno e desiderio si intrecciano in un dialogo sospeso tra ciò che vorremmo dire e ciò che non riusciamo ad esprimere nella realtà. In questa intervista esclusiva per il magazine di PaKo Music, scopriamo le radici di questo progetto e i battiti nascosti del cuore dell’artista.
Bentornato sul nostro magazine, prova a dire qualcosa di te che possa attirare altri fan.
Ho la musica nel sangue. Ascoltatemi e fidatevi: non cerco di apparire diverso da ciò che sono. La mia verità emerge soprattutto nella scrittura dei brani, e poi quando sono con un pianoforte e un microfono. In quei momenti, viene fuori ciò che so mostrare di meno nelle occasioni standard.
In che momento della tua vita è nato “Parlare con te (Ho sognato che…)”? E cosa ti ha spinto a scriverlo?
Curiosamente, è nato in un periodo piuttosto tranquillo, senza eventi particolari. Ero sotto la doccia — dove, si sa, l’acustica rende interessanti i suoni gravi — e ho cominciato a giocare con la strofa iniziale, che già da subito mi sembrava avere un suo senso. Poi, ricordando i pochi istanti di un sogno emozionante, ho deciso di trasformare quella breve memoria in tre minuti di musica. Da lì sono nati il ritornello, lo sviluppo… e tutto ha preso forma in modo naturale.
Il sogno come strumento narrativo è centrale nel brano: credi che i sogni possano anticipare verità emotive che nella veglia ignoriamo?
Domanda complicata, perché a volte i sogni sono fatti di cose irrealizzabili. “Anticipare” forse è una parola un po’ forte, ma credo che spesso i sogni affondino le radici nel nostro inconscio: sono il frutto del lavoro silenzioso del cervello, che elabora emozioni, eventi e persone anche quando siamo lontani dalla razionalità.
Qual è stata la parte più difficile da scrivere, e quale invece è nata spontaneamente?
Ma in realtà niente è stato particolarmente difficile da scrivere ,se parlavamo di difficoltà tecnica della materia. In generale è nato tutto spontaneamente, testo e musica insieme. Forse la caratteristica “tosta” del pezzo è riuscire a rendere efficace la melodia del ritornello, a livello ritmico e di equilibrio complessivo. Se invece per difficoltà intendiamo quella emotiva , un mio amico del liceo mi disse( tempo fa ) che non è mai scontato avere il coraggio di scrivere e poi far uscire una canzone. Non riuscii subito a calarmi dentro di lui mentre mi diceva questa frase. Ma posso assolutamente confermare che ,quando scriviamo e consegnamo agli altri una canzone, stiamo consegnando il nostro mondo e cerchiamo di dare una chiave per accedere a noi.
C’è una frase del testo che senti più tua oggi rispetto a quando l’hai scritta?
Ce ne sono due.
La prima è: “Non sapevo spiegare infondo quello che volevo.” Quando si vive un’emozione intensa, anche solo per un attimo — un abbraccio, uno sguardo sincero, un sorriso importante — le parole possono sfuggire, e si finisce per parlare in modo goffo. Ma è proprio quell’emozione che ci rende veri e belli.
La seconda è: “Poi sognavo che… quando volevo parlare mi facevi emozionare.” Le lacrime che arrivano quando teniamo davvero a qualcosa sono momenti unici, che raccontano molto di noi.
Come hai vissuto la produzione del brano con Antonio Pungillo, Jacopo Santi e Jacopo Scuderi? C’è un momento in studio che ricordi con particolare emozione?
L’ho vissuta molto bene, anche se a volte ci si confronta su scelte di arrangiamento che richiedono tempo e dialogo. Alcuni brani trovano subito la loro veste giusta, altri richiedono più attenzione. È bellissimo quando un produttore riesce davvero a entrare nel tuo modo di scrivere.
Antonio (Duetoni) , Jacopo Santi e Jacopo Scuderi sono stati preziosi. Vorrei anche salutare Rocipel che ha lavorato con me a dei brani dello scorso anno — tra cui Esplosioni di allegria – versione 2024 — insieme ad Antonio e Jacopo Scuderi. Anche lui ha lasciato il segno nel mio percorso di crescita sonora.
Il momento più emozionante? Sicuramente lavorare sui suoni alla console del Massive Arts Studio di Milano.
Se potessi far ascoltare “Parlare con te” a una sola persona in particolare, chi sarebbe e perché?
Penso che (nella vita di ognuno ) questa sia una canzone da far ascoltare a una persona con cui (a causa di varie ragioni) abbiamo mostrato solo una parte della nostra immensità , e vorremmo spiegarle che la nostra personalità può coesistere col comprendere l’altro e con un miglioramento della nostra maturità nell’affrontare l’oggi. Ma non perchè si debba a tutti i costi far tornare una relazione , o far andare qualcosa di non andato ; semplicemente è bello continuare ad apprezzarsi e stimarsi come persone ,senza togliere valore a ciò che di buono e sensibile ci si è dimostrati. Il resto, come in ogni cosa e ambito, è giusto che vada in maniera naturale e vera.
Quanto ti somiglia questo brano rispetto ad altri tuoi lavori? Ti senti cambiato artisticamente?
Penso che, anche in questa scelta artistica, resti comunque riconoscibile Francesco Rampino. Rispetto ad altri miei testi — come L’artista o Esplosioni di allegria (versione 2024) — in cui la mia scrittura è più riconducibile al ruolo del paroliere, qui il testo ha un taglio più “sportivo”.
Non in senso riduttivo, ma alternativo: qualcosa di più immediato e comunicativo, che rinuncia agli artifici retorici senza però perdere raffinatezza, efficacia o carica emotiva.
Sul piano sonoro, la sfida è stata quella di mettere da parte il pianoforte acustico, che è — e rimarrà sempre — un mio grande compagno di viaggio. In questo brano ho scelto di accogliere, per una volta, una leggera contaminazione funk: si avverte nel groove del basso, nella chitarra ritmica e nella scelta del piano elettrico Rhodes.
Tutto questo però senza snaturare il mio contesto musicale.
Torneranno sicuramente brani dal carattere più marcatamente cantautorale.
Mi piace dire che “mi voglio muovere in un intorno del cantautorato”: quando il genere non è esattamente quello, mi mantengo comunque in prossimità, orientandomi verso il pop d’autore o la musica leggera italiana, con melodie più aperte, ma sempre legato alla mia sensibilità autoriale.
Il titolo contiene un doppio senso (“parlare con te” e “parlare con me del parlare con te”). Hai mai avuto bisogno di un dialogo interiore prima di un confronto reale?
Sì, e in questo brano il dialogo interiore è evidente soprattutto in una frase:
“Aiutare me stesso prima di capire te, per arrivare a parlare con te.”
Credo sia fondamentale partire da sé stessi prima di affrontare qualsiasi confronto. L’autoanalisi ci permette di essere più consapevoli, più autentici e più capaci di immedesimarci negli altri.
Negli ultimi anni ho spesso riflettuto sul mio ruolo nei diversi contesti della vita: nel rapporto con la parte migliore di me, e nei confronti delle persone e situazioni che mi circondano. Ho cercato di vedere cosa ho fatto bene, cosa rifarei, e cosa potrei fare in modo diverso.
Naturalmente, serve anche dolcezza verso sé stessi, per non cadere in un giudizio eccessivamente severo.
Quel “ma ora parlo con me del parlare con te” nasce proprio da questo: dal trovarsi soli a scrivere qualcosa che parla invece di due persone.
Siamo giunti alla conclusione dell’intervista. C’è un aspetto che desideri condividere ma che non abbiamo avuto l’opportunità di chiederti? Potresti porti una domanda e condividere la risposta con noi?
Si, mi chiedo da solo:
“Dove possiamo trovarti ?”
Ecco qui il link della mia playlist ufficiale Spotify:
https://open.spotify.com/playlist/3Vz09BhpkK4pHxmwcHDFtX?si=4827ef459bb84192. E se volete tante altre cose di me , ecco il mio nuovo sito : linkfly.to/70502LKiUMI .
Conclusione:
Nel nostro incontro con Francesco Rampino, ci siamo mossi con delicatezza tra i fili sottili di emozioni non dette, sogni rivelatori e riflessioni sincere. “Parlare con te (Ho sognato che)” non è solo un brano, ma uno spazio dove il silenzio trova voce, e la musica diventa il mezzo per ritrovare se stessi e forse, anche gli altri. Grazie Francesco, per averci aperto le porte del tuo sogno.
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