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In occasione della Giornata Mondiale del Tumore Ovarico, l’artista indipendente Francesca Pichierri ha pubblicato “Cellule Stronze”, un album concettuale che travalica i confini della musica per trasformarsi in una vera e propria esperienza emotiva e narrativa. Un’opera d’arte sonora che nasce dal dolore, ma che trova nella vulnerabilità la propria forza.
Il progetto, iniziato simbolicamente il 20 settembre – Giornata Mondiale dei Tumori Ginecologici – con l’uscita del primo singolo Gelo, prende ora piena forma con l’album completo, pubblicato l’8 maggio. Non si tratta solo di una data scelta per la sua rilevanza sociale, ma di un vero e proprio atto di consapevolezza artistica: Cellule Stronze è, prima di tutto, una testimonianza di vita.

Ci sono dischi che si ascoltano. Altri che si vivono.
E poi ci sono quelli che ti attraversano, che ti restano addosso anche dopo che l’ultima nota si è spenta, che ti parlano nel silenzio.
“Cellule Stronze” di Francesca Pichierri è tutto questo.
Un album che non nasce per intrattenere, ma per testimoniare. Per raccontare la verità, quella più dura, più scomoda, più necessaria.

È la verità di una figlia che guarda la malattia della madre negli occhi e sceglie di non scappare.
Che prende il dolore, lo accoglie, lo trasforma in canzone. Che lo rende parola, voce, synth, pianto, carezza.
E che lo fa in occasione della Giornata Mondiale del Tumore Ovarico, come un gesto di coraggio, ma anche di speranza. Perché dove c’è amore, anche il dolore più feroce può farsi luce.

TRACK BY TRACK – L’ALBUM

Un viaggio tra fragilità, amore e resistenza. Un disco che non ha paura di nominare ciò che fa paura, che si sporca le mani con il dolore, e che cerca spiragli di luce anche dove sembra impossibile trovarne.

Ogni brano è una tappa di un percorso intimo e universale, una lente musicale su ciò che accade quando la vita cambia per sempre.

1. Gelo

Il momento in cui tutto si ferma. Quando arriva una diagnosi, si congela il respiro, si svuota il tempo.
“Gelo” è il punto di partenza e la prima frattura. È l’istantanea di un impatto emotivo che paralizza, ma anche la scintilla che innesca la reazione, l’adrenalina, la forza.
Musicalmente, è un brano cinematografico e poetico, con linee di basso ipnotiche e un’atmosfera sospesa, tra Regina Spektor e Florence + The Machine, Matia Bazar e Fiona Apple.
È il suono dell’inizio, ma anche il primo passo verso il coraggio.

2. Il Nemico Dentro

C’è una guerra silenziosa che si combatte sotto pelle.
“Il Nemico Dentro” racconta la solitudine di chi si misura con la malattia ogni giorno. Mette in discussione le metafore eroiche, sostituendole con una verità più umana e cruda.
La fragilità, la paura, il corpo che cambia, la mente che vacilla.
Sonorità soul e pop alternative, con echi di Yebba, London Grammar, e una vibrazione intensa alla Florence Welch.
È il momento in cui si guarda in faccia il dolore, senza filtri.

3. Io Sto Bene

C’è qualcosa di tenero e tragico nell’istinto di proteggere gli altri anche quando si è in pezzi.
“Io Sto Bene” nasce da una frase ripetuta all’infinito, stonata ma necessaria, detta dopo un’operazione, nel mezzo del disorientamento.
È una dichiarazione bugiarda che conosciamo bene.
Un brano ironico, surreale, che accarezza e scuote, con echi di Regina Spektor, Jacob Collier, Nina Hagen.
Perché sì, abbiamo tutti il diritto di dire: “oggi non sto bene”.

4. Amen

Chi resta? Chi se ne va?
“Amen” ha il ritmo travolgente del funk, del synth-pop e del soul, ma nasconde tra le pieghe una critica feroce: il fenomeno del “cancer ghosting”, l’allontanamento emotivo e fisico di chi non sa gestire la malattia altrui.
Ironica, graffiante, amara come una preghiera pronunciata per abitudine, senza fede.
Siamo nel mondo di Depeche Mode, Alan Sorrenti, Stevie Wonder e Selton.
Un groove irresistibile che ti fa ballare e pensare, allo stesso tempo.

5. Anime Vaghe

Quando Dio tace, restiamo soli con le nostre domande.
“Anime Vaghe” è un viaggio tra spiritualità, dubbio, e forza interiore.
Parla di quella fede senza dogmi che nasce nei momenti più duri, quando non c’è più niente su cui contare, tranne se stessi.
Un brano pop-rock alternativo, sospeso tra il sacro e il terreno, con influenze di Susanne Sundfør, Cat Power, Birdy.
È una luce fioca che non smette di brillare, anche nel vuoto.

6. Guardami Guardami

Uno specchio che deforma. Un volto che non si riconosce più.
“Guardami Guardami” è la rabbia che esplode quando il corpo cambia e ci tradisce, quando ci si guarda e non ci si vede più.
È una lotta tra identità e accettazione, tra ciò che si era e ciò che si è diventati.
Sperimentale, ruvida, intensa, ispirata da Björk, Wolf Alice e i Matia Bazar più visionari.
È il grido di chi vuole ancora esistere, farsi vedere, farsi riconoscere.

7. Nel dolore cerca la

Una ballata che parte da un sussurro e finisce in un urlo.
“Nel dolore cerca la” è una lettera d’amore alla madre, una danza lenta tra memoria, disperazione e resistenza.
Dalla tradizione pugliese al synthpop, attraversa paesaggi sonori eterei, emotivi, cupi e luminosi.
È una promessa: cercare la bellezza anche nel buio.
E quando la voce esplode nel ponte finale, sembra che il dolore prenda corpo, e ci attraversi.
È uno dei brani più intimi e strazianti dell’intero progetto.

8. Sperarci Due Eroi

La chiusura perfetta di un ciclo.
“Sperarci Due Eroi” è una dedica ai genitori, alla loro resilienza, al loro amore silenzioso e tenace.
È l’eroismo quotidiano di chi resta, di chi accompagna, di chi ama anche quando la speranza vacilla.
Un brano cinematografico, stratificato, che richiama le atmosfere nordiche di Susanne Sundfør, Regina Spektor, Elisa.
Qui l’eroe non è chi vince, ma chi c’è. E a volte, esserci è tutto.

Oltre la musica: una necessità espressiva

Francesca Pichierri non si limita a cantare.
Crea un ponte tra arte e realtà, tra dolore e resistenza, tra figlia e madre.
Ha scritto, composto, arrangiato e registrato quasi tutto da sola, affiancata da Stefano Iuso (co-produttore e chitarrista), Simone Ferrero (al mix) e Giovanni Versari (al mastering). Il disco è stato costruito anche nella cameretta dove è cresciuta, e questo si sente: Cellule Stronze ha l’odore di casa, il rumore dei passi sul pavimento, le crepe sulle pareti.

Anche la stampa internazionale lo ha già notato: Rockit, IGGY Magazine, Broken 8 Records, Cage Riot e molte altre testate parlano di una nuova voce da ascoltare con il cuore aperto. E hanno ragione.

Un disco che ci riguarda tutti

Cellule Stronze non è solo il racconto di una madre e di una figlia.
È il racconto di chiunque abbia amato qualcuno con una malattia.
Di chi è rimasto, di chi ha pianto in silenzio, di chi ha trovato la forza di ridere tra le lacrime.

È un disco necessario.
Che va ascoltato in silenzio, a cuore nudo.
Perché certe verità non si possono spiegare. Ma si possono cantare.

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