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Il nostro Massimo Comi è tornato a parlarci di musica, con il nuovo brano di “Fire walk with me” di Sara Sciarra, analizzandolo e dandoci il suo personale punto di vista.
Trovate il brano nelle nostre playlist e su tutti i Digital Store.

Con questa sua nuova canzone, la nostra Sara Sciarra non fa altro secondo me che ribadire il proprio grande talento artistico: usando due soli strumenti, la chitarra acustica e la voce, riesce a coinvolgere profondamente l’ascoltatore, a fargli intuire la drammaticità e lo struggimento insiti nel proprio messaggio, la tensione verso l’infinito che la spinge a cercare uno sfogo nelle parole e nella musica.

La sua vocalità, così intensa, a tratti sofferente, graffiante e bisognosa di certezze, sempre in costante e continua ricerca di una verità che possa rendere giustizia al proprio bisogno di sapere, di conoscere e di rasserenare un po’ l’inquietudine che sembra dominarla, può a mio parere essere accostata a quella di una grande cantautrice quale è stata Amy Winehouse, anche se Sara appare essere un po’ meno cupa, ombrosa, facendo intravvedere qualche sprazzo di luce, di sereno. Si parla di due voci che esprimono un bisogno impellente, che hanno la necessità di trovare delle sicurezze lì dove dominano l’incertezza e il dubbio: Amy diceva che la sua vita stava tornando verso il nero, colore simbolo dell’oscurità, mentre Sara afferma che il fuoco le cammina affianco.

Anche questo brano, come il precedente, si ispira ad un romanzo, cioè a “Fahrenheit 451” di Bradbury, nel quale viene dipinta una situazione quasi paradossale, in cui sembra esserci un’autorità suprema che impedisce al genere umano di possedere e leggere libri, pena la caduta nel reato: esiste dunque una squadra di “vigili del fuoco” creata ad hoc, che, invece di spegnere il fuoco, si occupa di bruciare i libri proibiti.

Il protagonista dell’opera letteraria, uno dei pompieri, si chiede se quello che sta facendo sia giusto, se in realtà, invece di purificare, con il suo lavoro egli porti oscurità, cancellando a poco a poco la luce della conoscenza.

Sara vuole comunicare che il fuoco può essere inteso in due modi, sia come elemento che purifica e illumina, che come qualcosa che distrugge e porta pericolo. Il titolo della sua canzone è preso da una delle sue serie televisive preferite, “Twin Peaks”, che è riuscita ad incarnare in modo pieno e completo l’ambivalenza insita nel fuoco e nel fumo, nei quali si può celare il diavolo stesso: il fuoco, dunque, se usato per scopi distruttivi, può diventare l’essenza stessa di Satana, affiancandosi nel cammino della vita a chi ne fa uso e a chi si interroga sul suo vero significato.

E’ dunque necessario portare il fuoco dalla nostra parte, se vogliamo che ci aiuti davvero a cancellare ciò che c’è di brutto e cattivo nella nostra vita e nel nostro mondo: ci sono dei momenti in cui si piomba nell’oscurità e si ha la sensazione di non essere in grado di uscirne. E’ proprio in questi momenti che bisogna farsi alleato ciò che ci tormenta, trasformandolo in un amico e in un compagno, che ci permetta di risolvere i problemi, portando purezza dove c’era buio e oscurità.

Il testo della canzone è completamente in inglese, e questo mi riporta alla mente ciò che ha fatto Elisa, una delle migliori cantautrici italiane, ai suoi esordi: ho sempre pensato che l’inglese fosse una lingua più “musicale” dell’italiano, senza cadere nei luoghi comuni, che spesso affollano il mondo delle dodici note.

L’andamento sincopato della linea di chitarra acustica, con momenti più intensi e momenti di breve pausa, mi ricorda un po’ quello della mia canzone preferita di Lucio Battisti, “Il Tempo di Morire”: mi sembra che il modo di suonare di Sara si possa avvicinare molto a quello presente nella canzone di Lucio, che crea un senso di pathos e aspettativa.

Se passiamo ad analizzare le parole del brano, a mio parere estremamente pregne di significato e molto introspettive, vediamo che la nostra artista parla di un fuoco che accompagna il suo cammino, un fuoco che, invece che portare luce, sembra portare oscurità e buio, impedendole di vedere cosa realmente accade. Il fuoco è sempre presente, la sua luce sembra essere lì con esso, ma in realtà appare essere come qualcosa di soffocante, che non permette di respirare, che, oltre a chiudere gli occhi, chiude anche la gola. Il fumo raggiunge persino i polmoni, il suo vapore fa lacrimare gli occhi e sembra che non ci sia nulla in mezzo, perché il senso della vista è offuscato. La nostra protagonista si sente costretta a rivelare che il diavolo esiste davvero ed è una presenza autentica: lei vorrebbe sfuggire a questa presenza soffocante, che toglie il fiato.

Potrebbe sembrare che il fuoco porti la luce là dove c’è il buio, riuscendo anche ad illuminare il cuore, ma in realtà bisogna essere consapevoli del fatto che può essere un pericolo. Potrebbe sembrare che il fuoco non sia altro che qualcosa di sacro, che non rappresenti altro che una nostra intima preghiera, ma in realtà si rivela essere il diavolo, e per questo bisogna stare attenti.

C’è poi un rimando diretto al romanzo, per testimoniare la passione di Sara per la letteratura: lei dice che il fuoco le cammina accanto, entrando nelle case di coloro che desiderano leggere, quindi accedere alla conoscenza, che il fuoco cammina con lei, brillando e bruciando, in una reale sinfonia, che poco ha a che vedere con il bello.

Il fuoco rimanda tutto alle ceneri, fa ritornare tutto ad un’esistenza primitiva, e Sara si chiede se è veramente stato un piacere assistere a questo spettacolo, mostrando lo stesso dubbio che attanaglia il protagonista del romanzo.

Le persone sono costrette ad indossare una maschera, a mostrarsi per quello che non sono, oppure a proteggersi dal fumo che non fa respirare: i sensi sono ottenebrati, le sensazioni sono ingannevoli, la maschera che si indossa come protezione sembra scivolare via.

Il fuoco può apparire, come detto, qualcosa che illumina il buio e il cuore, ma in realtà costituisce un pericolo, dal quale bisogna difendersi e del quale bisogna essere consapevoli. Il fuoco, inoltre, può apparire come qualcosa di sacro, come una preghiera esaudita, ma in realtà si tratta solo di qualcosa di diabolico, da cui prendere le distanze e di cui essere consapevoli.

Alla fine, ci resta a mio parere una bellissima e intensa canzone, che, con parole semplici e immediatamente comprensibili, spiega il senso autentico di una similitudine, di un paragone, di un’ambivalenza: ciò che brucia può sì portare purezza e far scomparire ciò che è brutto, ma in realtà la maggior parte delle volte si rivela qualcosa di diabolico, che cancella la luce della conoscenza, privando le persone dell’accesso alla conoscenza stessa, riempiendone i polmoni di fumo e impedendogli di respirare, quindi di vivere. E’ quindi in gioco l’esistenza umana, ciò che ne sta alla base e ne costituisce l’essenza: se non si vuole vivere nell’ignoranza, è necessario portare il fuoco dalla nostra parte, farlo diventare un nostro amico, altrimenti si rischia di non vedere più, di avere tutti i sensi ottenebrati, di vivere nel buio più completo, senza essere consapevoli di quello che accade intorno a noi.

Ho sempre apprezzato il coraggio delle cantautrici che, come Sara, si sono messe in gioco, facendo parlare solamente la propria chitarra e la propria voce, correndo il rischio di non essere capite, ma mostrando fino in fondo e senza artifici di contorno la propria vera e reale essenza.

E’ poi, se ci pensiamo bene, quello che hanno fatto le grandi Joni Mitchell e Joan Baez, e Sara si allinea perfettamente a questo filone, ovviamente con le dovute proporzioni. Se continuerà su questa strada, lasciando che la propria anima traspaia dalle note della sua chitarra e dalla sua intensa ed estremamente comunicativa voce, credo che avrà molto successo e riuscirà a conquistare i cuori degli ascoltatori, raggiungendo un pubblico sempre più vasto, che comunque dovrà avere la sensibilità per capire questo suo sforzo e appoggiarla, sostenendola e facendo il tifo per lei, mostrandole tutto il proprio apprezzamento.

Penso che le canzoni costruite sul dialogo tra chitarra e voce siano il modo più autentico per disvelare l’autenticità dei propri sentimenti, la veridicità e la forza del proprio messaggio, una modalità comunicativa che può apparire ad uno sguardo superficiale come debole, ma che in realtà ha delle potenzialità sconfinate, perché crea un rapporto intimo ed estremamente personale con chi ascolta.

Significativa in questo senso è l’immagine che accompagna il singolo, che mostra una busta con una lettera che sta piano piano bruciando, segno che esiste il reale pericolo che il fuoco tolga senso alla vita delle persone, privandole del bene più prezioso, la conoscenza e la comunicazione del sapere.

Non posso che augurare a Sara un futuro ricco di soddisfazioni e sono convinto che, se proseguirà il suo cammino nel mondo della musica in questo modo, riceverà molti riconoscimenti e si ritroverà molto soddisfatta, perché consapevole di aver mostrato a chi voleva vederli la sua vera essenza e il suo reale modo di essere. Autenticità, mi pare questa la parola chiave per descriverla.      

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