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Massimo Comi è tornare a parlare di musica etnica, musica oltre ocenano. Loro sono i nostri conosciutissimi I-Science, con la loro carica e i loro principi, Massimo ci racconta dell’ultima fatica di questo gruppo. Il brano intitolato “Garab”. Trovate il video ufficiale su YouTube.

Una canzone che, per così dire, va in progressione, poiché parte con quello che sembra il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli, dando all’ascoltatore una sensazione di serenità e calma e facendogli sognare distese infinite d’acqua, innestando poi su tutto questo una parte di percussioni molto particolare, che per sonorità ricorda quelle di uno xilofono e aumentando progressivamente la velocità, il ritmo, diventando così sempre più coinvolgente e ballabile.

Il progetto del gruppo, realizzato in collaborazione con l’associazione Oceanium, i cui membri appaiono anche nel video del brano, mira a sensibilizzare sull’importanza della riforestazione per salvare il nostro pianeta, e lo fa offrendo all’ascoltatore una canzone piuttosto gradevole, dai ritmi quasi tribali, che riportano alle origini dell’esistenza umana, in cui la danza era uno dei principali modi utilizzati per comunicare un messaggio o comunque le proprie emozioni.

Il testo è chiaro e non lascia spazio a dubbi: tocca a noi fare la differenza, perché il pianeta che abbiamo a disposizione è uno e quindi va preservato. La natura viene presentata come una madre che nutre e che per questo va protetta, perché ne va anche della nostra vita: è necessario smettere di bruciarla, sfruttarla e violentarla. Il soggetto principale sono dunque gli alberi, perché, se è vero che l’uomo può salvare sé stesso se rispetta il mondo in cui vive, ma è altrettanto vero che gli alberi sono la principale fonte di vita che lui ha a disposizione, perché forniscono ossigeno, ma la loro esistenza è fondamentale anche per generare la pioggia, che è poi la fonte principale dei raccolti, che portano lavoro e sussistenza all’uomo stesso.

Non è un caso quindi che il titolo del brano “Garab”, significhi sia “albero” che “medicina”: il tutto non fa altro che rafforzare il messaggio e il concetto principale della canzone, che mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della riforestazione.

Mentre il cantato della componente maschile del gruppo sembra in certi frangenti quasi parlato, restando comunque fermamente agganciato al ritmo imposto dalle percussioni, la cantante intona la sua parte con grande senso del tempo e della melodia, esprimendo al contempo gioia, felicità e grinta, quest’ultima componente principale per fare passare il messaggio di cui si vuole essere portatori.

Devo dire che mi sono piaciute molto le coreografie del video, che esprimevano molto bene quanto un essere umano può essere felice se compie il suo dovere verso la natura e di rimando verso sé stesso.

La presenza degli strumenti è veramente essenziale: c’è un piccolo accenno di chitarra e tastiere, ma il tutto si basa sulla poliedricità e sulla varietà delle percussioni e sul cantato, che ben si amalgama a ciò che queste propongono. Diventa poi interessante ascoltare la parte di canzone in cui si esprime la coralità del canto, in cui le due voci principali si uniscono e riescono a diventare un tutt’uno, offrendo una valida dimostrazione di robustezza e di una comunicazione gioiosa di un messaggio molto serio e importante.

Non c’è dubbio che le capacità canore e interpretative della cantante principale siamo notevoli: si vede che lei si trova a suo agio in mezzo a questi ritmi tribali, africani, che mettono gioia di vivere e ci ricordano il motivo per il quale siamo al mondo, riportandoci alle nostre origini, a ciò che eravamo quando siamo nati come popolo e di siamo uniti in un unico canto e in un’unica danza.

Il potere del ritmo tribale è qualcosa che va al di là della nostra immaginazione, che ci trascina in un viaggio allo stesso tempo eccitante e in grado di donarci consapevolezza: un grande artista come Santana lo sa molo bene e non a caso è stato forse il primo chitarrista a portare i ritmi tribali all’interno della musica rock.

La canzone si conclude con un verso molto significativo secondo me: “abbiamo speranza nella nostra tradizione”: questo verso non fa altro che dare maggior forza a tutto quello che mi sono sentito di dire in precedenza, cioè che, se si vuole salvare il pianeta, è necessario tornare alle proprie origini, a ciò che la tradizione di ha insegnato, a quella che la Madre Terra ci ha donato come nutrimento per l’anima e lo spirito. Ciò che è necessario fare è scavare, riempire e piantare: solo in questo modo la nostra vita e in particolare quella delle popolazioni più povere potrà avere un futuro.

Iscience en concert au Phare des Mamelles le 27 juin 2019.
©Sylvain Cherkaoui

A volte non è necessario utilizzare una miriade di strumenti e parole per comunicare efficacemente un messaggio: la canzone che sto recensendo ne è una prova lampante, perché con l’essenzialità della melodia e del testo riesce a comunicare qualcosa in grado di cambiare la visione del mondo di chi ascolta, di fargli capire l’importanza che riveste la cura con cui si tratta il nostro pianeta e il rispetto che gli si deve.

Alla fine, ci resta un interessante pezzo di musica etnica, cantato nella lingua madre del Senegal, che mostra, anche attraverso il suo video, quando l’amicizia e l’unità di intenti sia importante per portare a termine qualcosa di cui andare fieri e per cui vale la pena vivere.

Dobbiamo ricordarci che la nostra vita è un viaggio, come viene ben rappresentato nel video del brano, un viaggio che deve portare i suoi frutti, per permettere a noi e alle generazioni future di avere una vita dignitosa e fiera di aver rispettato il pianeta in cui ci si è trovati a vivere.

Un viaggio non è mai esente da pericoli e da insidie, ma con la forza che deriva dall’unione degli intenti e dalla collaborazione in direzione di un unico scopo preciso nulla ci è precluso: le cose fatte insieme sono quelle che danno le maggiori soddisfazioni e il maggior gusto e che ci rendono fieri di aver creato una connessione indissolubile con le persone che la pensano come noi.

Direi quindi che vale decisamente la pena di ascoltare questo brano, sia per il messaggio che comunica, sia per la forza che trasmette lo scopo comune di chi lo canta, che crea un’armonizzazione speciale tra le voci, che, insieme al ritmo particolare imposto alla canzone, porta a qualcosa che resta impresso nella memoria fin dal primo ascolto: io stesso ho ascoltato il brano solo due volte prima di scrivere questa recensione, perché la sensazione di immediatezza a spontaneità che comunica sono qualcosa a mio parere di speciale, che non va trascurato, ma anzi trattenuto nel cuore e condiviso con chi ci sta intorno.

Spero che questo bel progetto trovi una diffusione sempre maggiore, per fare nascere altri progetti simili, che, tramite l’effetto trascinante della musica e del ritmo, contribuiscano a rendere le persone maggiormente consapevoli e responsabili.

 

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