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Come quasi tutti i giovedì, anche oggi, il nostro amico Massimo Comi, ci parla di un brano presente nelle nostre recensioni. “Pioggia dei ricordi” di Greta Palmieri, analizzando ogni parte del brano, approfondendo la sua visione. Non perdetevela. 

Il titolo della canzone di Greta fa già intuire quale potrà essere lo sviluppo del brano, uno sviluppo attraverso il quale l’artista rievoca le proprie emozioni e sensazioni, facendo emergere dal fondo ciò che la turba e cercando un’ancora di salvezza nell’ambiente familiare.

L’atmosfera che la cantautrice crea è molto soft, dolce, tenue, sfumata, quasi si trattasse di una ballata per pianoforte: l’unico strumento che accompagna la voce, infatti, è proprio il pianoforte, che le sue note malinconiche e struggenti, ma allo stesso tempo suadenti e teneramente concilianti.

Devo ammettere che ho sempre avuto un’ammirazione particolare per quegli artisti che hanno saputo mettere in evidenza la storia della propria vita, accompagnandosi solamente con le note di uno strumento, senza base ritmica e linee melodiche di contorno: questo perché a mio parere la scelta di avventurarsi in questa strada impervia denota un certo coraggio e un certo carattere, oltre che la mancanza di paura quando si ha bisogno di aiuto e lo si deve chiedere.

Mi viene in mente quello che ha fatto Amy Lee, la cantante degli Evanescence, in una canzone come “My Immortal”, nella quale ha espresso una dolcezza e una tenerezza infinite, suonando il pianoforte in modo dolce, come se stesse eseguendo una nenia per far addormentare un bambino, e portando l’ascoltatore in un mondo fatato, puro, nel quale ogni possibile ombra poteva essere tramutata in luce.

Il testo del brano di Greta è molto chiaro fin dall’inizio: ci sono molti pensieri che si accavallano con furia nella sua testa, e ciò le provoca dei dispiaceri tali che le sembra di annegare in una tempesta.

Il mondo sa essere molto duro e violento nei confronti delle persone, picchiare duro, mettere al tappeto, e sembra proprio che non ci sia una via d’uscita, perché peggio di così non può andare. Ma una luce in fondo al tunnel forse c’è, perché, quando lei tocca il fondo, si può appellare agli affetti familiari, in particolare al padre, che è sempre disposto ad aiutarla.

Si dice, almeno così ho sentito dire, che le figlie femmine facciano principalmente riferimento alla figura paterna quando sono in difficoltà, mentre i figli maschi si appellino alla propria madre: ciò che afferma la cantautrice sembra confermare questo fatto.

L’appello all’aiuto del padre continua poi nei versi successivi, nei quali Greta chiede fermamente soccorso al padre perché si sente sull’orlo del baratro, in un giorno particolare per lei, perché sembra più triste degli altri.

Posso ipotizzare, basandomi su quello che viene detto in seguito, che questa canzone sia stata scritta in un momento di difficoltà nella carriera dell’artista, che magari si è trovata improvvisamente sola e senza ispirazione, decidendo di mettere in una canzone tutte le proprie difficoltà e non avendo paura di chiedere aiuto. Questo perché il verso “dicono i cantanti, non hanno più carriere”, può essere interpretato in due modi, cioè come un collegamento a ciò che viene affermato immediatamente prima, intendendo dire che i cantanti sono soliti dire, nelle loro composizioni più malinconiche, di aver bisogno di aiuto perché stanno per cadere nell’abisso, oppure come l’espressione delle difficoltà di crearsi una carriera nel mondo della musica odierna, unita alla facilità con cui ci si può trovare senza un’etichetta e senza persone su cui fare affidamento da un giorno all’altro.

Greta parla poi di una realtà piena di filtri, forse facendo riferimento al mondo dei social network, in cui è possibile postare foto di sé stessi passate appunto attraverso dei filtri che eliminano tutte le imperfezioni, facendo apparire più giovani e più belli di quelli che si è in realtà.

Vuole essere abbracciata, vuole che suo padre la stringa fra le braccia, perché, ancora una volta, teme realmente di cadere: c’è ancora un riferimento alla finzione sempre più presente nel mondo di oggi, in cui l’immagine conta più della capacità di pensare e di comunicare emozioni e nel quale le persone sembrano indossare delle maschere e vivere in teatri, recitando una parte, quella che la società gli impone di recitare.

Sembra proprio che non ci sia altra via di scampo diversa dall’abbraccio del proprio padre, perché, qualunque cosa succederà, l’artista si sentirà come se stesse affogando in un mare di finzione, pur sapendo da chi tornare, in caso di estrema difficoltà.

Queste difficoltà non intaccano poi solo l’anima, ma anche il corpo, che si sente paralizzato, senza forze, senza voce, con le note che si fermano in gola, senza riuscire ad uscire allo scoperto e a rivelarsi: la sicurezza si frantuma così in tante schegge, mettendo in un angolo Greta, lasciandola senza possibilità di scelta e senza opzioni praticabili, e puntandole metaforicamente una pistola contro. Il corpo inerme non riesce così più a respirare, a mangiare e a dormire, e il cuore ne risente, perché è ferito e dolorante: la domanda che sorge spontanea nella mente è quindi quando questa sofferenza finirà.

Si ripete poi quello che sembra essere il ritornello, con la richiesta d’aiuto, la sensazione che si stia vivendo un giorno più triste degli altri, in una realtà fatta di finzione, maschere e teatri, in cui sembra vincere chi finge di non essere sé stesso, dando un’immagine falsa di sé, non autentica. Non tutto però è negativo e illusorio, perché la cantautrice sa da chi tornare nel momento del più forte bisogno.  

Nella strofa successiva appare un legame con il titolo della canzone, perché si parla di cicatrici del proprio passato: probabilmente, Greta ha subito delle delusioni o dei traumi quando era più giovane e suscettibile, magari anche a livello familiare, visto che parla del padre come dell’unica figura a cui appellarsi in caso di difficoltà. Ha comunque un carattere sufficientemente forte da permetterle di nascondere le proprie debolezze e di accettare ciò che il destino le offre, una serie di incertezze, alle quali può però reagire facendosi guidare dal padre, che viene definito come “la buona stella”.

Sembra che la cantautrice abbia dovuto combattere molto per emergere, visto che afferma che in passato non si sentiva all’altezza di realizzare nessuna delle proprie aspirazioni, e tutto ciò non faceva altro che sfogarsi in una rabbia contro sé stessa.

Il brano si conclude con il ritornello: ogni incertezza, ogni dubbio, ogni difficoltà da affrontare in un mondo che appare posticcio, falso, pieno di immagini effimere e non durature, possono essere dominate appellandosi e attaccandosi con forza alla figura paterna.

Alla fine, ci resta un brano piuttosto emozionante, melodico, attraverso il quale Greta mette a nudo sé stessa, mostrando le proprie debolezze e la propria difficoltà a vivere in un mondo falso e ipocrita.

Il suo forte attaccamento alla figura paterna mi ha un po’ commosso, unitamente alle note malinconiche e struggenti del pianoforte, e mi ha fatto pensare che nella vita di ogni giorno sia necessario avere delle persone su cui contare nel caso ci si trovi in un momento di crisi, per riemergere e risalire dal fondo che si è toccato.

Come ho avuto modo di dire, non è da tutti sapersi raccontare in modo così sincero e spassionato, senza bugie e menzogne, dicendo solo la verità, esprimendo le cose esattamente così come stanno, senza alcuna vergogna e senza alcun timore.

Spero vivamente che ora Greta si senta una ragazza più forte, più sicura di sé stessa e delle proprie potenzialità, perché, leggendo il testo della canzone, sembra proprio che il suo percorso non sia stato affatto facile e agevole.

La vocalità e la capacità di suonare il pianoforte ci sono, perché la cantautrice sa modulare la propria voce a seconda del sentimento che vuole esprimere, rendendo evidente ciò che la sconvolge, che la turba, attraverso un cantato estremamente emozionale, che in certi passaggi appare addirittura quasi sul punto di piangere: molte volte, mettere le proprie emozioni in una canzone e cantarla con passione e coinvolgimento emotivo sono il miglior balsamo possibile per le ferite dell’anima.

Credo proprio che questo brano abbia aiutato l’artista a prendere una maggiore consapevolezza di sé stessa e a cercare nel padre la figura di riferimento della propria vita: da ascoltatore, mi sono sentito coinvolto dalle parole e dalla musica del brano, e ho pensato che, anche in mezzo ad un mare che fa affogare, ci può essere sempre qualcuno che ci salva e ci fa riemergere dalla tempesta.

La canzone è una sorta di invocazione, di urlo di aiuto, di ammissione di difficoltà: la cosa bella è che proprio all’interno del nucleo familiare sia presente un’ancora di salvezza, sempre pronta a intervenire e venire in aiuto. Sembra una cosa scontata, ma tante volte non lo è.

 

 

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