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Il nostro Massimo Comi ci regala un’altra recensione, oggi racconta di “Tra le righe”, l’ultimo inedito dei Tes, protagonisti già del “Premio Lucio Dalla”.
Massimo racconta dal suo punto di vista questo brano mettendo in luce alcuni aspetti.
Trovate la musica dei Tes su tutti i Digital Store e nelle nostre playlist.

Una canzone che ha in fondo in fondo il sapore di una ballata, che parte in punta di piedi, per poi dispiegare una buona potenza di fuoco, con un ritornello molto struggente, quasi urlato, molto sofferente e coinvolgente.

Mi ha colpito molto il significato dell’acronimo “TES”, il nome del gruppo, perché a mio parere contrasta con il significato e lo sviluppo di questo brano: i componenti non appaiono infatti “Tutti Esageratamente Stronzi”, ma anzi si sforzano di capire quello che funziona e quello che non va nel rapporto amoroso, un po’ burrascoso e conflittuale, che viene descritto nella canzone.

Forse l’unica “stronzata” che commette il protagonista del brano è quella di andarsene e lasciare la sua lei da sola, anche se lui stesso si chiede se sia in fondo giusto comportarsi in questo modo.

A livello sonoro, la canzone, come detto, parte in modo dolce, con le delicate note di un pianoforte, che si sovrappongono ad un beat molto leggero, il quale si prende il proprio spazio senza quasi disturbare, ma facendo da ideale sottofondo a quella che sembra essere a tutti gli effetti una ballata.

Man mano che si sviluppa, comunque, il pezzo assume vigore, sia per l’introduzione di una parte di fiati che per il rafforzamento della base sonora e del cantato, che si irrobustiscono e assumono un ruolo maggiormente rilevante all’interno del dipanarsi del brano.

Se devo fare un paragone, il primo gruppo che mi è venuto da associare ai TES sono stati gli 883, magari in una dimensione meno danzereccia e ballabile, ma più carezzevole e appassionata. Anche il gruppo di Max Pezzali ha dedicato alcuni brani a dei rapporti amorosi, una su tutti “Sei Un Mito”: questa canzone, comunque, si differenzia in modo sostanziale da quella di cui sto parlando, perché ha dei toni, se possiamo dire, molto più da discoteca, e perché in essa il protagonista si pone in una condizione di inferiorità rispetto alla donna che ama, considerandola quasi come qualcosa di irraggiungibile, mentre in “Tra Le Righe” il protagonista maschile è in una condizione paritaria, se non di superiorità rispetto alla donna che desidera.

Interessante mi è sembrato anche il titolo del brano, “Tra Le Righe” appunto, quasi che fosse un invito per l’ascoltatore ad andare più a fondo delle parole del testo, a trovare dei significati presenti, ma magari nascosti, celati, da riscoprire e ritrovare, fornendo la propria personale interpretazione dei fatti.

Il pezzo, allora, mette in gioco tutta la capacità interpretativa dell’ascoltatore, che si deve impegnare a fondo per cercare ciò che secondo lui esso vuole realmente comunicare e il messaggio di cui si vuol fare portatore.

Se passiamo ad analizzare il testo, visto che abbiamo parlato di interpretazione, l’avvio della canzone appare come molto romantico, in linea con la tendenza soft della base musicale: lui guarda lei negli occhi e non si stanca mai di farlo, vedendola come una Venere che porta il profumo della primavera (o dell’autunno) nella sua vita, vestita di foglie, che possono essere sia un simbolo di caducità che un simbolo di rinascita. Lui non riesce a resistere dal dirle che è una donna molto bella, che quando sta con lei si sente bene, che stasera non è il caso di uscire, ma è meglio salire su da lei o più probabilmente da lui, perché è proprio lui a fare la richiesta.

Si prosegue poi sulla falsariga di quanto detto precedentemente, con lui che ammette di adorare il fatto di guardarla, senza stancarsi mai: stavolta lei si trova davanti allo specchio, ed è indecisa, probabilmente perché non sa che vestito mettersi o come truccarsi, cosa tipica delle donne, pur avendo l’armadio pieno. Questi versi mi hanno riportato alla mente la canzone di Eric Clapton “Wonderful Tonight”, scritta da lui proprio mentre aspettava che la sua lei fosse pronta per uscire la sera: la donna chiedeva se era adatta per la serata o se era il caso che si cambiasse, e lui troncava sul nascere il discorso in un modo alla fine profondamente romantico, dicendole che era favolosa quella sera.

Viene ribadito il fatto che, quando lui si trova con la propria lei, si sente bene, e le ore trascorse sul suo letto scorrono via veloci, senza che i due si accorgano del loro passare via lisce, o comunque senza che i due si soffermino a guardare l’orologio, talmente sono presi l’una dall’altro.

A questo punto, parte quello che sembra essere il ritornello, in cui appare una condizione di solitudine e separazione, che spiazza un po’ perché in contrasto con quando detto precedentemente: lui si trova solo tra i vagoni di un treno, che parte dalla solita stazione di Milano Nord, e questo lo porta a porsi delle domande sul suo rapporto amoroso. Ha dei dubbi sulla realtà e la verità di tutto quello che prova, e si sofferma a guardare a lungo una foto che ha in tasca, e che raffigura loro due insieme.

Si arriva ad una sorta di atto d’accusa, con il quale lui dice a lei che cerca guai, e che lei lo sa bene, tra le righe di un libro che in realtà non ha mai letto: in questo caso, lui sembra porsi per un momento in una condizione di inferiorità, perché sembra essere quasi un alunno che non ha fatto i compiti, che non ha letto il libro che gli era stato assegnato. Magari è proprio il libro in cui conserva la famosa foto di loro due, usandola come segnalibro: il verso è un po’ contraddittorio in effetti, perché il libro sembra avere un significato importante per lui, dato che fra le sue righe lui ha la sfrontatezza di cercare guai, pur non avendolo mai letto. E’ possibile che si tratti di un profondo lavoro di immaginazione, che fa da seguito ai pensieri che assalgono lui quando si trova solo su un vagone di un treno: può essere che la sua fervida immaginazione si sia creata un libro che riassume la storia di loro due, fra le cui righe lui deve leggere, per capire esattamente in che direzione sta andando il rapporto stesso. Il fatto che dica che cerca guai, non fa comunque presagire nulla di buono.

Arriva infatti ad ammettere di pensare molto al fatto se sia giusto che lui sparisca di punto in bianco, lasciandola sola e allontanandosi da lei, magari proprio per prendere quel famoso treno quotidiano sul quale si dipanano i suoi ragionamenti e le sue elucubrazioni.

Successivamente, lui si pone di nuovo in dialogo con lei, dicendole che comunque lei sa di non poter scappare, nonostante lui spesso si allontani: per la prima volta si parla di un dolore fisico, perché egli afferma che, quando le cose vanno male, lui trascorre delle notti in ospedale, forse perché lei si arrabbia talmente tanto da usare la violenza su di lui, o probabilmente perché lui si sente talmente male che deve farsi ricoverare.

Tutto questo perché lui sembra aver bisogno dei propri spazi all’interno della relazione, spazi che comunque non sembra in grado di trovare autonomamente, forse perché si trova in una condizione di eccessiva libertà, che fra le tante opzioni lo costringe a fare una scelta, il più delle volte quella sbagliata.

La canzone, come detto, a livello melodico, si arricchisce della presenza dei fiati, che le danno vigore e impatto sonoro, proprio in coincidenza dell’ispessimento dei ragionamenti e dei favoreggiamenti di lui sulla relazione.

Ritorna il ritornello, con lui solo su un vagone di un treno che parte dalla solita stazione di Milano Nord: la solitudine fa partire di nuovo i dubbi, perché lui torna a domandarsi se sia vero quello che prova per lei, facendo di nuovo riferimento alla famosa foto che tiene in tasca e che parla di loro, come se fosse una presenza viva, una sorta di terzo incomodo all’interno del loro rapporto.

Lei sa perfettamente che lui è alla ricerca di guai, andando a immergersi tra le righe di un libro che in realtà non ha mai letto, ma che forse è solamente frutto della sua immaginazione, della sua libertà di pensiero che arriva molte volte a danneggiarlo.

Lui appare come assalito dai dubbi, e ammette di non sapere se sia giusto sparire e lasciarla sola tutto ad un tratto, stando lontano da lei, magari proprio sparendo su quel famoso treno, che ogni giorno parte dalla stessa stazione.

Si arriva quindi ad una parte molto particolare della canzone, in cui le parole sembrano quasi sussurrate e in cui la melodia e il beat si fanno più soffusi, delicati, quasi impercettibili: questa parte presenta due immagini, che svelano del tutto o comunque in parte il vero significato del rapporto amoroso che viene descritto, quasi come il famoso proverbio della capra e della panca.

Si dice infatti che sopra i maglioni di lui ci sono le lacrime di lei, che sembra quindi aver pianto molto sulle spalle del suo amato, cosa che è indice di sofferenza e di una relazione non troppo positiva, aggiungendo che sotto i divani di lei ci sono tutte le grida di lui, quasi che lui stesso abbia utilizzato il divano come il famoso tappeto sotto il quale nascondere la polvere, lanciando le proprie grida sdraiato per terra e non facendosi sentire da lei, perché coperto dalla presenza del mobile stesso. Si va poi ad aggiungere un verso onomatopeico, che rende visibili le grida, un “ah ah”, piuttosto straziante e doloroso.

Ma intanto anche il cantato ha preso più corpo, diventando maggiormente potente e grintoso, quasi che il protagonista del brano abbia preso una maggiore consapevolezza della situazione, dopo aver tirato fuori tutto quello che aveva dentro, esternandolo in versi e in immagini piuttosto significative e pregne si senso.

Si ritorna, in conclusione, ai guai cercati tra le pagine del libro mai letto, al dubbio se sia giusto o meno sparire a stare lontano dalla propria lei.

La canzone si conclude ancora con i due famosi versi che sembrano un motto, una sorta di proverbio, in un’atmosfera soffusa e ovattata: sui maglioni di lui ci sono tutte le lacrime di lei e il divano della ragazza nasconde tutte le urla di lui, che ha lanciato probabilmente sdraiandosi a livello del pavimento.

Alla fine, ci resta una buona ballata pop, che utilizza sapientemente il pianoforte, il beat ritmico e i fiati: questi ultimi hanno la funzione principale di dare maggior corpo al brano e a seguire l’incremento del tono di voce del cantante, che diventa più rabbioso e disperato con il passare dei versi.

Questa canzone ci dà la dimostrazione che anche i gruppi solitamente classificati come indie rock sanno dare dimostrazione di grande abilità, sfornando delle piccole perle di bellezza pop, in cui si sviluppa un crescendo di voce ed emozioni, che fa vibrare le corde dell’anima e dispiega in tutta la sua complessità un rapporto d’amore tormentato.

Significativo a questo proposito è anche il video, perché lui e lei all’inizio sono uno di fronte all’altro, mentre alla fine lei è girata e dà le spalle a lui.

I TES si confermano dunque un gruppo molto valido, che sa offrire una proposta melodica varia e significativa ai propri ascoltatori, non fossilizzandosi su un unico genere, ma esplorando il vario e infinito universo degli stili musicali.

Mi è piaciuta in particolare la voce del cantante, perfettamente modulata e armoniosa, in grado di sussurrare, ma anche di urlare e di arrabbiarsi, in un perfetto crescendo Rossiniano.

Recensire un brano dei TES è sempre una sorpresa e un piacere: spero che in futuro me ne capitino sottomano altri, per vedere se il loro talento non si disperde, ma resta focalizzato e ben centrato, cosa di cui sono sicuro.

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