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Il nuovo singolo di Gianni Negri e Patrizia Kolombo, “Ai Confini dell’Urbano”, racconta l’intensità dei legami sfiorati ma mai vissuti. Una pop-ballad elegante e contemporanea che cattura lo spirito delle “connessioni fluide” di oggi. Li abbiamo incontrati per scoprire la genesi di questo brano e il loro sguardo su musica e relazioni.

Bentornato sul nostro magazine, prova a dire qualcosa di te che possa attirare altri fa.  
«Sono Gianni Negri, cantautore partenopeo con il desiderio di raccontare emozioni autentiche, minuscole verità nascoste nei gesti quotidiani. La mia musica è un dialogo, non un monologo: chi ascolta diventa parte del racconto. Spero che, ascoltando le mie canzoni, qualcuno pensi: “anche a me è successo” — e non si senta più solo.»
“Ai Confini dell’Urbano” nasce da un incontro sfiorato: come è nato il testo e quale immagine vi ha ispirato per prima?
Dal racconto che ho letto nei media e dalle conversazioni con Patrizia Kolombo (coautrice del brano) emerge l’idea dell’amore che rimane ai margini, che sfiora ma non entra. 
L’immagine iniziale era probabilmente quella di una strada crepuscolare, luci della città che si accendono mentre qualcuno passa, uno sguardo che incrocia un altro: un momento sospeso, dove il contorno urbano diventa cornice e contrasto.
Milano nel brano diventa quasi un personaggio. Quanto conta l’ambientazione urbana nel vostro processo creativo?
L’ambientazione urbana spesso diventa specchio dei nostri stati d’animo: strade, luci, silenzi cittadini. Milano, con le sue geometrie, i suoi viali e il suo ritmo, è un palco ideale per far emergere solitudini, attese, incontri mancati. Non è solo sfondo, ma interlocutore emotivo.

Nel vostro lavoro insieme, come bilanciate le vostre sensibilità artistiche, tra scrittura e musica?
Probabilmente c’è uno scambio costante: Patrizia porta suggestioni poetiche, immagini e concetti, io cerco le melodie che riescano a far vibrare quelle parole. Si dialoga: proporre, rifiutare, tornare indietro, rifare. Alla fine quello che resta è un ibrido che porti dentro le due identità, ma che sia coerente come canzone.
Avete già affrontato il tema dell’amore oltre la paura in “Così Non Finirà”. In questo nuovo singolo invece cosa volevate dire?
In Così Non Finirà c’era già la volontà di resistere, di credere che l’amore possa superare incertezze. In Ai Confini dell’Urbano si esplora un’altra sfumatura: l’attrazione inconclusa, il desiderio che non si materializza, quel “quasi” che pesa quanto un addio. Volevamo raccontare la distanza emotiva, l’attrazione che resta sospesa.
Qual è stata la sfida più grande in studio per rendere questa canzone così intima e allo stesso tempo moderna?
Far convivere piano, voce e elementi elettronici senza che uno sovrasti l’altro. Mantenere l’intimità nel timbro, nella parola, ma dare una veste che non suoni “troppo acustica” o nostalgica. Trovare l’equilibrio tra suono contemporaneo e delicatezza.
C’è un ricordo personale legato a un incontro “ai confini” che vi ha segnato e che ha ispirato questo brano?
Immagino che qualcuno di noi (Gianni o Patrizia) abbia vissuto un momento in cui ha conosciuto una persona — per poco, per un’occasione — e l’ha rivista o non l’ha rivista. Quel momento rimane inciso, come una cicatrice leggera: si pensa a “cosa sarebbe stato se…”. Quel ricordo resta nel brano come un frammento vivo.

Se doveste descrivere “Ai Confini dell’Urbano” con tre parole chiave, quali sarebbero?
Sospeso — Intimo — Urbano
Guardando al futuro, pensate di continuare a raccontare le relazioni contemporanee nei vostri brani?
Sì, credo che il tema delle relazioni e della distanza emotiva abbia ancora molto da offrire. Il modo in cui ci connettiamo, ci separiamo, ci avviciniamo: è un terreno sempre nuovo, perché cambiano i modi, le tecnologie, i tempi. E credo che continueremo a esplorarlo.
Siamo giunti alla conclusione dell’intervista. C’è un aspetto che desideri condividere ma che non abbiamo avuto l’opportunità di chiederti? Potresti porti una domanda e condividere la risposta con noi?
Domanda che potrei pormi: «Perché scrivo?»
Risposta: Scrivo per connettere. Per scavare, per dare voce a qualcosa che spesso resta muto dentro. Perché credo che la musica possa ridare forma a emozioni che non trovano spazio nelle parole ordinarie. E spero che chi ascolta possa ritrovarsi, non sentirsi da solo.

Conclusione
Una canzone che cattura il momento e lo trasforma in arte. Con “Ai Confini dell’Urbano”, Gianni Negri e Patrizia Kolombo continuano a raccontare il presente con parole e suoni che arrivano dritti al cuore.

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