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Una bellissima chiacchierata con il gruppo marchigiano “Gli incubi di Freud”, cinque personaggi davvero interessanti e oserei aggiungere un po’ folli, ma già consapevoli di come funziona questo mondo, facciamo una chiacchierata con loro e cerchiamo di conoscerli meglio. Consigliamo di seguirli e ascoltare la loro musica, che trovate su tutti gli Store e nelle nostre playlist.

Ciao ragazzi, siamo veramente felici di avervi sulle nostre pagine, siete molto particolari e noi amiamo la particolarità.
– Fate un video, mettendo il cellulare in orizzontale, dove vi raccontate brevemente e soprattutto cantate la vostra canzone x 30 secondi… (accompagnatevi pure con uno strumento oppure se volete mettete la base).

  • Quando vi siete avvicinati alla musica e ai vostri strumenti?
    Edoardo: in casa mia c’è sempre stata la musica. Mio padre addirittura costruiva batterie artigianali. Mio fratello ne ha seguito le orme, io suono un po’ di tutto (tranne le percussioni stranamente) da quando ho 8 anni. Non sono rare le occasioni dove ci troviamo a suonare tutti e tre insieme anche in pubblico.
    Mirko: in prima media, per puro caso, i ragazzi più grandi mi hanno sottoposto alla cura “Ludovico Van” con i Dream Theater. Da lì ho iniziato a provare con la chitarra, poi però mi sono innamorato del basso, e tuttora sono bassista e anche insegnante di questo strumento. Joshua però ha scelto di “punirmi” riunendomi al mio primo grande amore.
    Alessandro: la batteria ha trovato me già in quarta elementare, perché ero piuttosto scalmanato, e i miei genitori speravano che regalandomela potesi sedare un po’ la mia agitazione. Così ho distrutto la mia prima batteria. Poi crescendo mi sono anche appassionato alla chitarra, e alla produzione musicale in genere. Però senza piatti e pelli ormai mi sento nudo… anche se nudo sono bellissimo!
    Andrea K: mia madre mi ha praticamente svezzato a pane e Battisti. L’ho così assorbito da iniziare a suonare le sue canzoni ad orecchio.
    Poi a 16 anni mi ruppi ulna e radio del braccio destro. Nella terapia riabilitativa era suggerita la chitarra, ed iniziai quindi a prendere lezioni. La cosa divertente è che a scuola fingevo dei dolori atroci post convalescenza, mentre a casa suonavo tranquillamente. Tra tutti credo di essere quello con una formazione più “classica”, retrò, e non me ne pento. Eagles, Led Zeppelin, Beatles, Deep Purple, i grandi del passato in genere sono i miei spiriti guida!
    Joshua: ho sempre avuto necessità di urlare, da che ho memoria. Sono un figlio dell’ondata new metal/rap core degli anni ’90 Ho iniziato relativamente tardi ad applicare queste urla ad un contesto musicale. Al concerto dei Rage Against The Machine a Modena (2008) conobbi i componenti di quella che fu la mia prima esperienza musicale da palco. E tre anni dopo, al Sziget Festival di Budapest, mi innamorai delle linee di basso dei Billy Talent, così da voler prendere lezioni e avere un forte imprinting compositivo. Sono molto naif, come vanto, peculiarità, limite da voler superare.
  • Spiegateci il significato del vostro nome, “Gli incubi di Freud” originale e molto bello.
    Il nome del progetto è un richiamo e un invito ad esorcizzare la paura di indagarsi dentro. Io, Joshua, non avrei mai dato principio a tutto questo, se non avessi abbandonato il timore del giudizio e del fallimento. I pezzi infatti sono stati scritti tra il 2012 e il 2014, ma c’è voluto il grande spavento della pandemia per trovare il coraggio di osare e venire allo scoperto. “Gli incubi di Freud” stanno ad indicare la diffidenza verso quello sguardo rivolto all’interno, paura che se superata fa acquisire tutt’altra prospettiva su sé stessi e il mondo circostante. Sono giunto a queste riflessioni da quando ho iniziato ad andare dallo psicologo nel 2018, scelta che avrei voluto intraprendere anche prima. Poi tra il percorso individuale, e la scelta del nome, si è trattato solo di unire i puntini tra i vari indizi che si andavano delineando tra psicoterapia, paura di non avere un domani per via della pandemia, e la costante spinta del rimorso di non riuscire a far vedere la luce a quei pezzi sepolti sotto polvere e paura.
  • Siete qui anche per proporre a parlarci del vostro ultimo brano intitolato “Migliore attore non protagonista”, che come sapete è già nelle nostre playlist Spotify e YouTube.
    Raccontateci com’è nata questa canzone e di cosa parla? Raccontaci qualcosa, qualche curiosità…
    Questa canzone nasce dal riffing sincopato del basso, su cui poi ho sviluppato batteria e chitarra. La ritmica e la melodia vogliono togliere sin da subito il respiro, in un crescendo d’ansia e risentimento verso il fato. Il cambio di tonalità alla fine del secondo ritornello (anche se non è così immediato cogliere la struttura del pezzo) e di ritmo arriva al culmine dell’esasperazione, e da lì la musica si fa inno di nuova vita.

    Per scrivere il testo, beh, mi è bastato semplicemente trascrivere gli eventi salienti della mia vita. La soddisfazione di questo processo sta proprio nel aver saputo sostenere la parabola dei naturali eventi con della musica che credo molto aderente alle parole.
    Come curiosità direi che il primo titolo papabile per questa canzone era “Sbiadisco”, ed anche il nome della band era diverso, era un astruso “Joshua has a brain dumm age” (sottile gioco di parole tra cervello stupido e danno cerebrale). Da lì ho rivisto tutti i titoli delle canzoni nonché il nome del progetto.
  • Scriveteci la frase più significativa di questa canzone
    Basta, son già morto più volte e Ma quando inizia la mia seconda vita?”
    In sintesi il dualismo su cui si regge tutto il pezzo.
  • Tre aggettivi che descrivono ognuno di voi e naturalmente la vostra musica…
    Edoardo: riflessivo, affidabile

    Alessandro: passionale, osservatore
    Mirko: silenzioso, disciplinato, attento
    Andrea K: eccentrico, matematico, vintage
    Joshua: emotivo, creativo, fanciullesco
  • Cosa pensate che debba avere un artista al giorno d’oggi per suscitare curiosità e magari, riuscire ad affermarsi nel mondo della musica?
    Avere meramente una forte peculiarità musicale, saper comunicare al suo pubblico, saperlo fidelizzare attraverso un’identità forte nella quale si forma il desiderio del pubblico di rispecchiarsi e confrontarsi.

    Questo implica che il musicista non è più solo un mero esecutore ma anche esperto di un certo marketing per sapersi creare una nicchia da allargare col tempo. Ci vuole molto coraggio a non adagiarsi ai trend del momento, e magari dar principio a tendenze nuove. A volte basta saper rilanciare una tendenza passata con una rivisitazione del tutto nuova, a volte si punta tutto sul mero talento, a volte “basta” l’intuizione giusta, innovativa, che sconquassi gli schemi, il già noto. O lo maschera da rivoluzione.
  • Solitamente, dedicate a qualcuno le vostre canzoni? Questo brano è dedicato a qualcuno?
    Dedicare musica è un gesto ancora più intimo della stessa composizione musicale, è quasi come coinvolgere un “estraneo” nell’atto creativo. Per cui ad ora non c’è una particolare dedica nella nostra musica. Tant’è che questo brano è semplicemente un tributo alla forza di volontà di riprendere in mano le proprie sorti, anche quando queste sono totalmente avverse all’idea di una vita appassionata e gioiosa. Verrà il tempo di dedicare canzoni, bisogna però prima compiere altra strada, maturare. Migliore attore non protagonista è una dedica alla Vita che non s’arrende. Ma ad essere onesto, direi che è dedicata a me stesso, alla mia famiglia, alle persone che hanno permesso io non mi perdessi del tutto nei miei momenti bui.
  • Avete già nuovi progetti nel cassetto? Cosa dobbiamo aspettarci prossimamente?
    Beh, è già in cantiere un secondo Ep, che penso ci terrà occupati per buona parte del 2022. Poi, quando i tempi saranno maturi, vorremmo debuttare dal vivo in una cornice ad hoc. Non vorremmo sprecare questo momento così importante con una data qualsiasi, in un contesto distratto. Insomma studieremo ancora un po’ per diventare più consapevoli e migliorarci.
  • Siamo arrivati a fine intervista… Domanda a scelta.
    C’è qualcosa che non ti ho domandato ma che avresti voluto ti chiedessi? Puoi farti una domanda e risponderti.
    E’ stata un’intervista piuttosto esauriente, con buone domande, e spero risposte all’altezza. Da solo me ne pongo già troppi di quesiti, e risponderei altrettanto, perché mi piace disquisire di musica. Alla faccia dei tanti che mi dicono che non parlo mai… forse sbagliate a chiedere.

    Potrei dirvi quali sono le mie canzoni preferite, ma per quello vi rimando alle mie interminabili playlist di fine anno, più attese del discorso di Mattarella…
    Ciao e grazie per la chiacchierata!

 

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0371 Music Press

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