Il ritorno del cantautore del popolo, Mico Argirò, con il suo nuovo brano intitolato “Lambrooklyn”, racconta di nuove realtà che pare la normalità. Ogni volta sorprende.
Invitiamo ad ascoltarlo su tutti i Digital Store e le nostre playlist.
Ciao Mico, siamo davvero contenti di riaverti sulle nostre pagine…
Ti chiedo gentilmente di fare un breve video, METTENDO IL CELLULARE IN ORIZZONTALE, salutando gli ascoltatori/lettori di PaKo Music e di cantare 30 secondi del tuo ultimo brano. Grazie mille
- Ora invece veniamo alle domande…
Raccontati brevemente per chi ancora non ti conosce…
Quali differenze ci sono tra te e il tuo personaggio?
Una parte di me direbbe nessuna, perché porto la mia vita in scena, le mie emozioni, storie generalmente vere e vissute, ferite prima sula pelle, cicatrizzate sulla carta e tatuate in musica. Un’altra parte ti direbbe che c’è un Mico segreto e privato, che non ha nessuna intenzione di mostrarsi. - Qual è la cosa che ami di più nel fare musica? Quali sensazioni provi mentre scrivi una canzone?
Fare musica per me è un grande gioco quando suono dal vivo, un gioco serio, ma che mi fa stare bene, mi libera. Quando scrivo invece c’è tanta catarsi, me ne accorgo sia durante che a posteriori: nella musica analizzo la mia vita e la lascio libera di esplodere, di essere. Credo molto nel fattore curativo della musica, prima per me che la scrivo e poi per chi ascolta; forse anche per questo i miei concerti sono impostati come un rituale. - La tua musica è diversa da quello che si sente in giro, infatti ci piace molto… Spesso tocchi argomenti particolari… Pensi che ti manchi qualcosa per affermarti nel mondo della musica? Pensi di avere delle peculiarità, e se sì quali sono?
Mi manca tutto ciò che richiede il mercato moderno, tutto ciò che non sono disposto a concedere e non mi interessa cambiare di me. Cerco di fare arte nella maniera più pura possibile e mi va bene così. La mia peculiarità è questa: sono io, quello che scriveva canzoni a quattordici anni per esorcizzare i mostri dell’adolescenza, quello dei vent’anni e delle canzoni d’amore, quello delle canzoni energiche che parlano di pazzi e quello degli esperimenti elettronici. Io racconto il mondo attraverso i miei occhi, altri occhi così non ce ne sono, questi sono unici come è unico ogni paio di occhi.
- Il brano appena uscito sotto etichetta s’intitola “Lambrooklyn”, raccontaci com’è nato e di cosa parla.
Fondamentalmente è una canzone di amore nostalgico, di assenza forzata…è un tema che conosciamo tutti molto bene dopo l’ultimo anno, infatti nasce dal periodo delle zone rosse e del coprifuoco che violavo scappando di notte a passeggiare a Lambrate, qui a Milano.
Sicuramente ci sono delle parti visionarie e che capisco soltanto io, tipo David Bowie nella mia stanza e l’esplosione rosa, ma è un pezzo che credo porti in sé dei sentimenti molto comuni nel nostro presente. - Scrivici la frase più importante di questo brano.
La canzone ha varie frasi iconiche, ma credo che il vero punto concettuale sia nella frase “come se fosse normale”. Troppe imposizioni stiamo/state accettando come normali, assenze forzate, divieti, restrizioni su mobilità, socialità, lavoro. Io non me la sento di accettare tutto come se fosse normale, perché non lo è: per me non è normale stare lontano dalle persone che amo, non è normale che per lavorare o mangiare in un locale debba esibire un dubbio lasciapassare, non è normale che ci siamo fatti mettere, ancora una volta, gli uni contro gli altri. È una canzone d’amore, sì, ma anche di amore per la libertà.
- Com’è la situazione live dalle tue parti?
Sempre meno florida, sia a Milano che ad Agropoli (Sa). Per fortuna ci sono alcuni eroi coraggiosi che ancora credono nella musica dal vivo, nell’arte e nello stare insieme, a questi mi sento di dire un grazie enorme.
- Dimmi il tuo miglior pregio e il tuo peggior difetto…
Se apriamo queste liste non la finiamo più, preferisco non rispondere
- A chi dedichi le tue canzoni? Quest’ultimo brano a chi è dedicato?
In generale non dedico le mie canzoni, alcune sono rivolte a qualcuno o parlano espressamente di qualcuno, ma raramente dico chi. Gli interessati lo sanno e anche in questo caso il “te” della canzone non è vuoto o soltanto poetico, ha una carne. - C’è un artista con cui ti piacerebbe fare un featuring, o semplicemente, uno al quale vorresti far cantare un tuo brano?
Negli ultimi singoli prima di “ Lambrooklyn” ho collaborato con artisti che stimo tantissimo (Pietra Montecorvino e Eugenio Bennato in “Hijab”, Tartaglia Aneuro in “Le canzoni divertenti”) e nel disco che prima o poi uscirà ci sono altri feat. che ritengo interessanti e assurdi. Non vedo l’ora di farveli ascoltare tutti. - Siamo arrivati a fine intervista… Domanda a scelta.
C’è qualcosa che non ti ho domandato ma che avresti voluto ti chiedessi? Potete farti una domanda e risponderti.
Perché, Mico, continui a credere nella musica e nell’arte, nel suo potere di cambiare il mondo nonostante ciò che vedi in metropolitana o sui social ogni giorno, nelle vite sempre più solitarie, nella vuotezza di alcuni generi musicali che vanno per la maggiore?
Non so rispondere a questa domanda, ma ci credo ancora.
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