Un brano punk rock che il nostro Massimo Comi ha ascoltato e ci ha reso partecipi di questa sua nuova recensione. “La mia ragazza è punk”, l’ultimo lavoro di Dheli.
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Ritmo frenetico e accelerato, una linea di chitarra minimale, ma molto efficace e adatta allo scopo, insieme ad un testo ridotto all’osso, che ribadisce all’infinito determinati concetti. Direi che possiamo dire di essere in presenza di un brano pop punk a tutti gli effetti: leggendo il titolo, direi che non poteva essere altrimenti.
La canzone mi ha ricordato alcune composizioni dei Green Day, il gruppo pop punk per eccellenza dei giorni nostri, ma anche alcune opere dei Ramones, gruppo storico del punk. Il primo accostamento mi è venuto spontaneo soprattutto per il tipo di melodia che viene proposta, con chitarre che allo stesso tempo utilizzano relativamente pochi accordi e che hanno una cadenza molto pronunciata, insistita, quasi ossessiva, mentre il secondo l’ho pensato relativamente al testo, che può in qualche modo essere accostato a quello di alcune canzoni del gruppo di Forest Hills, quali “Shena is a Punk Rocker” e “Judy is a Punk”, proprio perché si parla di ragazze a musica punk, che fanno da sfondo a quello che viene raccontato.
Devo ammettere che il testo della canzone di Dheli mi ha divertito, perché lui continua a ripetere che la sua ragazza è punk, che lei vuole il punk, che lei gode se sente il punk, ma che lui non si ricorda più come si fa. Sarà quindi questo un rapporto duraturo? Quest’ultima frase è comunque un po’ in contraddizione con l’essenza della canzone, perché l’artista sembra sapersi districare molto bene nei meandri del genere, riuscendo ad offrirci un brano autenticamente pop punk, che strizza l’occhio alle generazioni più giovani, apparendo molto attuale e contemporaneo.
La voce di Dheli ben si adatta a cantare questo tipo di canzone, essendo fresca, pulita, ma anche piuttosto determinata e tagliente, in grado di soddisfare le aspettative di un ampio spettro di ascoltatori.
Abbiamo quindi un brano divertente, fresco, molto ben ritmato e secondo me anche molto ben prodotto, che potrebbe diventare una delle hit dell’estate, sulla scia del ritrovato amore per il rock di una certa parte del pubblico italiano, che ha decretato il successo di un gruppo come i Maneskin, che ha fatto la propria gavetta sulla strada, prima di raggiungere la fama, anche a livello internazionale.
Il look del cantante sulla copertina del singolo non lascia spazio a dubbi di sorta: eyeliner nero sugli occhi, capelli tinti di rosa (ma senza cresta), immagine da finto trasandato. Non si fa poi mancare, nulla, perché si circonda di ben tre ragazze, anch’esse in perfetto stile punk: questa sua immagine può essere un misto fra quella di Billy Joe Armstrong e quella di Joey Ramone, proprio per il gusto per l’eyeliner nero, mescolato a questa aria, come detto, di finta trasandatezza.
Il genere punk vive sulla ripetizione e la replica di microstrutture, che cotituiscono la base di ogni pezzo: la canzone di Dheli non fa eccezione, perché, sia nelle strofe che nel ritornello, non esiste una grande varietà nel testo, ma piuttosto una ripetizione di frasi sempre uguali a sé stesse, che non rendono però il brano monotono e monocorde, ma contribuiscono invece a farlo percepire come interessante e ballabile.
Sembra che la linea di chitarra si trattenga un po’ durante le strofe, facendo da ritmo di sottofondo, per poi scatenarsi in tutta la sua forza durante il ritornello, proprio per sottolineare il semplice concetto che sta alla base della canzone, che cioè la ragazza del nostro artista è punk.
Chissà se questo continuo riferimento al punk non sia un modo alternativo per indicare il rapporto amoroso, dato che Delhi afferma che anche l’intera notte è dedicata a questo genere musicale, sottintendendo in modo malizioso che il fare punk copre un ampio spettro di attività, che comprendono anche quelle legate all’intimità personale.
Si può trattare quindi di una metafora, per indicare un modo di affrontare la vita, in maniera sfrontata, ribelle, non allineata, differente dalle altre: ricordiamo che il punk è nato come fenomeno di ribellione all’autorità costituita, e il fatto che l’autore continui a citarlo nella sua canzone può indicare uno stile di vita ben preciso, anche se lui stesso dice di non ricordarsi come si fa, forse per inserire un elemento di ironia, che crei uno stacco nella freneticità del pezzo e spiazzi l’ascoltatore, che si chiede come mai uno che parla quasi solo di punk poi dice che non si ricorda più come si fa.
A mio parere, come ho già avuto modo di dire, Delhi dimostra invece di ricordarsi molto bene come si crea una canzone punk, seducendo e attirando a sé l’ascoltatore, che comincia a muovere la testa e a battere il piede mentre la ascolta.
Mi pare un elemento dall’ampio risalto e dal forte significato il fatto che il brano si apra con l’iconica frase utilizzata dai Ramones come apertura del loro pezzo forse più famoso, “Blitzkrieg bop”, divenuta simbolo di un chiaro e definito modo di fare punk: l’avvio del brano di Delhi, secondo me anche come modo per incitarsi e incitare, avviene infatti attraverso le parole “Hi, oh, let’s go”, che dimostrano una chiara influenza del gruppo americano sul suo modo di fare musica.
Devo dire che a me personalmente la canzone è piaciuta e mi è parsa come una boccata d’aria fresca, in un panorama musicale a volte stantio e fossilizzato sul pop melodico, come genere dominante.
Vediamo se a questo singolo seguirà un intero album: se questo avverrà, credo che il risultato finale potrà essere piuttosto interessante, viste le premesse, e magari sentiremo Delhi che dice: “finalmente mi sono ricordato di come si fa il punk”.
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