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Ottobre continua con le recensioni di Massimo Comi, oggi parliamo di “Elettropinocchio” il primo estratto di “Pinocchio e il Requiem Quotidiano” di Al Vox. Come sempre il nostro Massimo racconto il brano dal suo punto di vista, mettendo in risalto ogni punto. Invitiamo ad ascoltare la canzone sui vari Store e a sostenere l’artista.

Fin dal titolo del brano, si può notare l’intento di Al Vox di rileggere, attraverso la sua splendente lente creativa ed emozionale, una favola antica in chiave moderna.

Abbiamo quindi una fantasia che va a toccare un mondo inesplorato fino ad ora dal cantautore genovese, che sappiamo molto appassionato di teatro e di cinema, i due mezzi più potenti a disposizione di chi vuole raccontare favole.

Il protagonista della canzone è il burattino Pinocchio, la cui storia, che sa di rivalsa e ribellione, viene raccontata su un tappeto di musica prettamente synthpop, con un ritmo piuttosto compassato, lento, che fa godere appieno ogni secondo della vicenda narrata.

C’è quindi un beat elettronico a fare da sfondo, che di per sé appare folleggiante e immaginifico, quasi teatrale, e mi ricorda alcuni pezzi altamente sperimentali di un certo Franco Battiato, uno dei cantautori più innovativi e rivoluzionari della scena musicale italiana.

Su questa base tambureggiante, che va quasi in loop, con pochi elementi caratterizzanti che si ripetono all’infinito, va ad installarsi la voce di Al, che ormai conosciamo bene: il nostro artista, più che cantare, molto spesso parla, ma con un tono che assume di frequente dei connotati da cantastorie, da bardo, da annunciatore e narratore sibilante e sinuoso di una storia.

Anche questa voce appare filtrata da strumenti elettronici, perché assume una eco e un riverbero che contribuiscono a renderla ancora più istrionica e provocante, quasi che il nostro cantautore assumesse in alcuni tratti le fattezze del serpente tentatore del giardino dell’Eden, che ha convinto Adamo ed Eva a mangiare del frutto dell’albero della Vita.

Questa voce invita l’ascoltatore a nutrirsi, a cibarsi della favola che gli viene offerta, a fare proprie le parole del messaggio che viene comunicato, a farsi travolgere dalla spiritualità canzonatoria della storia che viene raccontata.

Come detto, abbiamo quindi una trasposizione in chiave moderna di una favola dal sapore molto antico, che tutti i bambini del mondo si sono sentiti raccontare almeno una volta nella vita: il protagonista Pinocchio diventa elettrico, e questa sua mutazione gli consentirà di prendere le distanze dal gioco costrittore di Mangiafuoco, perché acquisirà una volontà propria e una nuova capacità di interpretare le situazioni della vita, oltreché un nuovo carattere, più indipendente e forgiato su nuove consapevolezze.

Se passiamo ad analizzare il testo, che appare essere l’elemento fondante della canzone, perché esprime tutte le metafore e le immagini che vengono offerte all’ascoltatore, vediamo che il primo personaggio che viene presentato è proprio Mangiafuoco, il malvagio burattinaio che sfrutta Pinocchio per fare soldi e per avere sempre maggiori guadagni.

Viene detto che ora lui non può più trarre il suo nutrimento dalla carne, che è il legno di cui i burattini sono fatti, ma dall’informatica, che non è fatta per essere mangiata o comunque controllata a bacchetta, perché ha una volontà superiore, data dalla sua potente intelligenza, che le fornisce autonomia esistenziale e conoscitiva.

Mangiafuoco ha rubato l’idea di Geppetto, il padre e creatore di Pinocchio, per sfruttarne fino all’ultima goccia la capacità di portare soldi e guadagni: ora anche lui possiede quello che Al chiama “il suo bamborobot”, che appare come un misto fra un bambolotto, che può essere controllato a piacimento, e un robot, che grazie ai propri circuiti elettronici e ai programmi informatici con i quali è stato costruito, riesce ad avere alcuni sprazzi di volontà propria, di capacità di decodificare la realtà e capire cosa va fatto per perseguire il meglio per sé.

Il burattinaio fa spettacoli ogni singolo giorno, sfruttando fino all’osso le capacità della propria creatura e spingendosi fino ai centri di Tokyo, in Giappone, una delle città più moderne e tecnologiche del mondo, evocata anche dai Deep Purple in una loro celebre canzone, con la comunità scientifica che lo osanna, dato che offre alle persone una creatura che non è fatta solo di legno, ma anche di circuiti e programmi, e questo sembra un ottimo passo in avanti in termini scientifici.

Ogni parte del mondo, comunque, vuole veder sfruttato fino all’ultima stilla di energia il burattino, per il proprio egoistico divertimento e per la propria fame di vedere una così singolare creatura.

Pinocchio è diventato una figura appartenente ad una terra di mezzo, perché da una parte è ancora sotto il controllo di Mangiafuoco, ma dall’altra comincia ad avere una nuova consapevolezza, datagli dall’anima informatica che ha ottenuto, che lo rende più furbo e in grado di fare le proprie scelte, di distaccarsi dal dominio del proprio sfruttatore e di ribellarsi.

I guadagni, le monete d’oro sembrano cadere dal cielo, quando Pinocchio appare inerme e in balia di Mangiafuoco, che lo può sfuttare a proprio piacimento, ma lo stesso Mangiafuoco, oltre a mangiare il fuoco, può anche nutrirsi della meccanica, la quale sembra diventare una parte sempre più costitutiva del proprio burattino?

Questa è una delle domande essenziali da porsi secondo Al, perché sembra essere giunto finalmente il tempo di opporsi alle angherie del burattinaio, che continua a guadagnare sulla pelle di Pinocchio, ma sembra non accorgersi che il tempo sta cambiando, perché esso cambia per tutti e quindi anche per il suo burattino: questo gli succede sotto gli occhi, ma lui non appare consapevole di questa lenta, ma costante e progressiva trasformazione.

Quando la mutazione di Pinocchio è completa, quando al legno insensibile si associa un’anima elettronica sensibile e consapevole, i comandi e le imposizioni di Mangiafuoco non servono più a nulla: tutto diventa brutto, scadente, la gioia della dominazione scompare, non c’è più un pubblico pronto ad osannare e a battere le mani, ma ci sono delle persone che arrivano ad osannare maggiormente il burattino del burattinaio, burattino che diventa l’assoluto protagonista e si slega dai legacci con cui il suo sfruttatore lo teneva soggiogato, diventando il protagonista assoluto per le sue nuove capacità e per la sua nuova anima.

Questo ribaltamento drastico della situzione invita Al a chiedersi se adesso Mangiafuoco mangia ancora, dato che i guadagni scarseggiano e la scena gli è stata completamente rubata dal suo burattino: ha perso tutta la sua credibilità, oltreché i suoi averi, e non può più essere avaro, perché non possiede più soldi da tenere solo per sé.

Da questa situzione trae godimento il burattino Pinocchio, che da uno sguardo superficiale può apparire solo un bambolotto di legno senza volontà né anima, ma che, se osservato più in profondità, si rivela essere un’entità a cui la scienza ha donato delle capacità intellettive e di inquadramento della realtà, una consapevolezza e una forza maggiori, derivate dall’informatica e dall’elettronica, di cui la sua anima è stata forgiata e dalle quali ha tratto la capacità di slegarsi dal potere forte che lo ingabbiava, diventando lui l’assoluto protagonista della scena e prendendosi tutti gli applausi e gli osanna del pubblico.

Alla fine, ci rimane un ottimo brano synthpop, che elabora in modo apparentemente semplice e intuitivo delle sonorità tipicamente elettroniche, per creare un beat ossessivo di fondo, con elementi fissi che si ripetono quasi all’infinito: per creare la loro concatenazione è comunque necessaria un’abilità non scontata.

Al Vox è poi bravissimo ad utilizzare la sua voce, filtrandola attraverso l’elettronica, cosa che la fa apparire ancora più sinuosa, sibilante e attraente, come se fosse un diavolo tentatore, che rapisce con la storia che narra e attraverso il modo in cui la narra: il nostro artista il più delle volte non canta, ma insinua, accenna, dipinge con dei tratti leggeri e sinuosi la realtà, quasi che sussurri all’orecchio dell’ascoltatore, con una lingua biforcuta da serpente tentatore, in grado di attrarre con il suo tono suadente e invitante, a cui è difficile resistere.

Il nostro cantautore vuole anche questa volta utilizzare un’immagine metaforica per parlare della vita: viene raccontata la storia del burattino Pinocchio che riceve in dono dalla scienza un’anima elettronica, computerizzata, meccanica, che gli permette di slegarsi dalla tirannia di Mangiafuoco e di assumere una propria precisa identità, con la quale ruba il consenso e gli applausi del pubblico a chi fino a quel momento lo aveva tiranneggiato e usato per i suoi scopi di guadagno.

Ci sono quindi tanti Pinocchi in giro per il mondo, che riescono ad emergere per le proprie capacità e abilità, dopo essere stati per troppo tempo nell’oblio ed aver subito angherie di ogni tipo, perché non avevano la volontà di ribellarsi: questo brano è un inno alla capacità di farcela, di ottenere dei risultati, contando solamente sulle proprie forze e su ciò che si sa fare meglio, e riscattandosi dal dominio che alcune persone possono esercitare, sfruttando l’assenza di una capacità di ribellarsi e di mostrare ciò che si è in grado di fare.

Tante persone possono, ad uno sguardo superficiale, apparire come dei burattini senz’anima, ma, ad uno sguardo più approfondito, si rivelano capaci di fare cose grandissime, se ci mettono la capacità e la volontà, che sono nasconde dentro di loro e aspettano solo di emergere completamente.

Al Vox si rivela ancora una volta un attento osservatore della realtà umana, oltreché un maestro nell’uso delle metafore e delle immagini, cosa che gli deriva in qualche modo dal suo amore per il teatro e per la cinematografia, due delle sue grandi passioni oltre alla musica.

Il cantautore genovese riesce a raccontare in un modo che può apparire bizzarro e strano delle storie pregne di verità e significato: è necessario possedere l’abilità di andare più nel profondo e di scoprire il vero significato della favola che ci viene raccontata, andando oltre le metafore e identificando ogni riferimento alla vita vera di ogni giorno.

Sotto la vena da cantastorie un po’ matto, risiede una capacità di raccontare la vita reale che pochi altri artisti italiani a lui contemporanei possiedono, che la sua innata fame di conoscenza e le sue profonde doti di intuizione amplificano a dismisura.

Non esagero se affermo che Al Vox è uno dei migliori poeti del nostro tempo, che riesce a raccontare i propri vissuti e i vissuti delle altre persone in modo pieno e completo, utilizzando il potere delle immagini e delle parole, potere che lui possiede in dosi massicce e che esprime in tutta la sua compiutezza nelle sue creazioni.

Ogni volta che ascolto un suo brano, per me è una sopresa, perché mi ritrovo davanti a qualcosa mai visto e sentito prima, a qualcosa di inedito e nuovo, che mi lascia interdetto e che stimola la mia capacità interpretativa e di andare oltre il mero significato delle parole, andando a scoprire il tesoro che viene celato e nascosto alla vista di chi non riesce a superare la superficie delle cose.

Non c’è dubbio che Al Vox sia un cantautore sui generis, che utilizza basi elettroniche ossessive, pur aprendosi ad altri generi, metafore, immagini, oltre al potere della voce come portatrice di un messaggio molto spesso celato, nascosto, da ricercare e trovare, in un’attività di scoperta progressiva che affascina.

L’artista è riuscito anche questa volta a stupirmi, creando un efficace e inaspettato mix fra parole e musica che mi ha aperto mondi nuovi, che prima conoscevo solo marginalmente o che comunque non avevo pienamente considerato. Per questo lo ringrazio.


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