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Oggi si parla di “Eri, sei, sarai” di Emiliano Melcarne, il nostro Massimo Comi racconta il brano dell’artista dandone anche una sua visione personale, soffermandosi su tutto il testo e anche sulla parte musicale. Trovate la musica di Emiliano su tutti i Digital Store e nelle nostre playlist. Sostenete gli artisti condividendo la loro musica.

Questo interessante brano mostra secondo me un ulteriore passo del nostro Emiliano verso una maturazione umana e artistica, perché, oltre ad essere scanzonato e piacevole, è piuttosto intimistico e profondo, dato che racconta un pezzo della sua vita, risultando in qualche modo autobiografico.

Fin dal titolo, si parla di passato, presente e futuro, e il nostro cantautore sembra raccontarci una storia che parte da quando era un bambino, per arrivare al momento in cui è diventato uomo, con uno sguardo allargato sul futuro prossimo.

L’atmosfera complessiva della canzone è frizzante e gradevole, pur trattando nel proprio testo un argomento autobiografico che può apparire “scomodo” e difficile da raccontare ed esternare.

Emiliano sembra parlare ad un’altra persona, ma mi pare che questa persona si possa facilmente identificare con lui stesso, proprio perché la canzone sembra narrare la sua evoluzione umana attraverso gli anni, verso una maggiore consapevolezza e maturità.

Il brano si apre sulle note di una chitarra acustica, che sembrano possedere un ritmo sincopato e molto cadenzato, fatto di stacchi e di rilasci, di note trattenute e di note lasciate andare: su questa base melodica, si installa la sua voce fresca ed espressiva, che ripete per due volte il titolo della canzone, quasi a ribadire che essa parlerà di passato, presente e futuro, in una cronistoria piuttosto dettagliata dell’evoluzione umana e caratteriale della persona rappresentata da Emiliano.

I primi versi ci dicono che tutte le persone affermavano che lui, quando era piccolo, era dolce come il miele, quindi una personcina molto buona e affabile, che faceva sempre quello che volevano gli altri, dicendo immancabilmente di sì a tutte le richieste che gli venivano rivolte.

La canzone prosegue arrivando subito a parlare del presente, e dicendo che il ragazzo, il bambino ormai è cresciuto molto, e che lui non si ricorda già più di come era fatto quando era piccolino, visto che è cambiato molto, avendo acquisito consapevolezza in sé stesso.

Adesso quel bambino è diventato ribelle, e fa quasi sempre quello che vuole lui, non ascoltando più le richieste degli altri e comportandosi sempre nel modo che gli suggerisce la sua istintività.

Il discorso viene arricchito da una similitudine: il paragone è con un albero, che resta sempre ancorato al terreno in cui si trova piantato con le sue solide radici, non spostandosi mai, e questo è quello che fa anche il nostro protagonista, che sembra aver trovato una confort zone nella quale si trova a suo agio e in cui può comportarsi liberamente come vuole, senza doversi spostare per venire incontro alle esigenze degli altri: significativa è a questo proposito l’immagine di copertina del brano, che mostra il volto di Emiliano che si sovrappone con alcune foglie di un albero, quasi che lui e l’elemento naturale a cui si paragona fossero una cosa sola, si fondessero tra loro, diventando ciascuno trasparente e creando una sovrapposizione di immagini suggestiva e interessante, riassuntiva del motivo portante del brano.

I versi proseguono dicendo che si nasce per poi farsi cullare dalle braccia di quello che sta per accadere, come se ci si facesse trasportare dagli eventi, come se non fossimo noi a condizionare con il nostro comportamento l’andamento delle cose, ma come se fosse ciò che accade a condizionare il nostro modo di agire.

Il nostro cantautore cerca di essere rassicurante, affermando che alla fine è rimasto sempre sé stesso, il ragazzo affabile e sorridente: la linea melodica che fa da accompagnamento a questi nuovi versi cambia un po’, perché sparisce la chitarra, in favore di un beat di batteria (forse elettronica), che si ode esclusivamente, da solo, e che conferisce al brano una sensazione di sospensione, un sentore di pathos, in attesa di ciò che succederà poi.

Dopo questa sospensione momentanea, ritorna a farsi sentire la chitarra acustica, che sembra suonata alla maniera dei gitani, dando dei colpi alla cassa armonica con le nocche tra un accordo e l’altro: Emiliano mostra una forte voglia di vivere e non ha paura di affermarlo, aggiungendo che è arrivato al punto di far parlare il proprio cuore in sostituzione del suo essere, della sua persona.

La parte finale dell’ultima parola del verso viene estesa per alcuni secondi, con una vocalità che risulta potenziata, vocalità a cui fa seguito la linea melodica, il cui beat di batteria si fa più corposo e sostenuto: con dei piccoli coretti di sottofondo, che danno una sensazione di leggerezza e serenità, viene ripetuto ancora due volte il titolo della canzone, in una sorta di ritornello, le cui parole vengono scandite con precisione e tenute isolate l’una dall’altra, quasi che ciascuna di esse fosse portatrice di un significato a sé stante, fatto che si dimostra poi vero, perché passato, presente e futuro sono epoche storiche ben separate.

Nel verso seguente Emiliano sembra parlare della propria esperienza personale in modo diretto, affermando che a volte gli è stato detto che non valeva nulla, ma a lui tutto questo non interessa, perché ci piazza un bel “vabbè” alla fine, come per dire “che posso farci?”.

Il nostro autore definisce queste persone come invidiose, e suggerisce come possibile cura a questo male l’indifferenza, ben espressa da quel “voltati e fagli un caffé”.

Si torna poi alla metafora naturalistica: questa volta il paragone è con le foglie dell’albero, le quali, pur volando alto trascinate dal vento, alla fine ritornano sempre nello stesso posto. Il nostro cantautore si definisce quindi come una persona che vuole staccarsi dai rami a cui si trova attaccato, rami che lo vincolano, per volare verso il cielo, ma con la consapevolezza che non è possibile staccarsi del tutto dal luogo dal quale si proviene: si cresce per poi esplorare degli spazi infiniti che il mondo non conosce, un mondo che ci vorrebbe obbedienti e legati a stretto giro con i luoghi in cui siamo cresciuti, senza la possibilità di esplorare ciò che ci circonda, che a volte è costituito da spazi reconditi che nessuno conosce realmente, spazi che attendono solo di essere svelati e scoperti.

Si verifica poi nuovamente il cambiamento di beat in sottofondo, con la batteria che resta da sola a scandire il tempo, quasi come degli schiocchi di dita: Emiliano afferma di nuovo che lui è la persona di sempre, il ragazzo sorridente e gentile che tutti conoscono.

Aggiunge che possiede tanta voglia di vivere, e che è il destino a guidare i suoi passi: il cantato si irrobustisce di nuovo, e l’ultima parte del verso viene trascinata per alcuni secondi, allo scopo di rafforzarne il significato: riparte poi la chitarra acustica e viene ripetuto altre volte il titolo della canzone, con parole ben scandite e ben separate tra loro, pronunciate in modo inequivocabilmente chiaro.

Il nostro cantautore ci tiene ad affermare che, anche se cresciuto, sarà per sempre lo stesso, quel ragazzo che sorride e trasmette allegria: il tutto viene accompagnato da piccoli cori, che rendono più vario e interessante lo sviluppo della canzone, un po’ alla maniera del brano “Nord Sud Ovest Est” degli 883.

La voglia di vivere resta sempre intatta, ed è il destino a guidare, non solo per lui, ma anche per la persona a cui idealmente si rivolge e per tutti, e questo pensiero fa da guida al finale del brano, che non si conclude in modo soffuso e sfumato, ma in modo netto e stentoreo, in una maniera forte e robusta, che non lascia spazio a dubbi di sorta.

Abbiamo quindi un buon brano pop, piuttosto fresco a frizzante, che si basa sulle note della chitarra acustica, che fanno quasi sempre da sottofondo: lo strumento, in alcuni punti, sembra suonato alla maniera flamenca, picchiando le nocche sulla cassa armonica tra un accordo e l’altro.

In questa canzone Emiliano ci svela qualcosa di sé e si descrive: abbiamo una composizione piuttosto intimistica, che ci mostra un percorso di crescita, che parte dal bambino che diceva sempre di sì a tutto e tutti e arriva all’uomo che ha trovato una sua indipendenza, che resta ben piantato sulle sue posizioni come un albero, che come le foglie di quello stesso albero vorrebbe volare via per esplorare il mondo, ma che poi alla fine ritorna sempre nello stesso posto.

Il nostro cantautore ci tiene ad affermare che lui è rimasto il ragazzo di sempre, un portatore sano di sorriso, con tanta voglia di vivere e con il destino come guida: non a caso, il titolo del brano viene ripetuto molte volte all’interno della canzone stessa, scandito in modo chiaro e netto, a testimonianza del racconto di una storia che parte dal passato, si sviluppa nel presente e possiede uno sguardo sul futuro.

La voce di Emiliano appare già piuttosto matura, come lo era nel singolo precedente che avevo recensito, “Salento”: non mostra cali o incertezze, e riesce a modularsi piuttosto bene e facilmente a seconda della parte di canzone che deve eseguire, restando sempre piuttosto potente e avvolgente.

Il brano è alla fine ben prodotto, perché i suoni della chitarra e del beat di batteria sono molto chiari, puliti e udibili, così come le parti vocali: Emiliano canta piuttosto bene, anche se secondo me ci sono ancora dei margini di miglioramento, delle piccole sfumature da limare, per avvicinarsi alla perfezione, che ad un professionista del canto deve essere necessariamente richiesta, perché deve far parte del suo bagaglio di artista.

Ho apprezzato questo brano, perché mi ha dato la possibilità di scoprire qualcosa in più su Emiliano, di conoscerlo meglio e di capirne più a fondo la personalità, la forza di raccontarsi e raccontare.

Vediamo se nel prossimo brano il cantautore aggiungerà un nuovo tassello al proprio mosaico di artista, completando altri spazi vuoti nel puzzle della propria esistenza artistica: sono quindi curioso di ascoltare la sua prossima canzone o di capire se prima o poi pubblicherà un intero album, perché secondo me ne ha le capacità.

Per il momento, gli faccio i miei complimenti, esortandolo a limare quelle famose sfumature nel cantato per raggiungere il livello più alto possibile ed entrare a far parte dei grandi della musica italiana attuale. Auguri.

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