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Nuova recensione scritta dal nostro Massimo Comi, oggi ci racconta del brano “Esclusi i presenti” che da anche il nome all’album di Gianpaolo Pace. Racconta l’inedito, dandone anche una personale interpretazione.
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Un disco eterogeneo quello che ci propone Gianpaolo Pace, un album che spazia tra generi diversi, senza mai annoiare o stancare, ma mantenendo sempre vivo l’interesse dell’ascoltatore, che viene continuamente stimolato dai frequenti cambi di stilemi musicali.

Il titolo è significativo, e racconta dell’ipocrisia di certi comportamenti umani, di chi preferisce rintanarsi nel proprio orticello, ignorando i problemi e i bisogni degli altri e chiudendosi a riccio nella propria confort zone, sparando nel contempo a zero sulle azioni di chi li circonda, ma lasciando fuori al contempo amici e parenti, alzando le mani e dicendo “Esclusi i Presenti”.

Abbiamo un album piuttosto lungo e multiforme, che va a toccare una gamma variegata di comportamenti umani, tutti condannabili ed esecrabili da parte del nostro Gianpaolo, che si diverte quasi a descriverli, mettendoli con ironia alla berlina, con un senso dell’umorismo raro, che al giorno d’oggi appartiene a pochi cantautori, e con un senso della realtà molto sviluppato, che riesce a comprendere nella propria analisi varie sfumature e sfaccettature del comportamento dell’uomo cosiddetto “moderno”, arrivando talvolta ad irriderle, senza comunque mai mancare di rispetto o sfociare nella volgarità gratuita.

Come detto, gli stili musicali sono molteplici, ed è davvero un bel viaggio quello che si compie attraverso le varie canzoni che compongono il disco: si ride, ci si arrabbia, ci si immalinconisce e ci si riconosce in alcuni dei “caratteri” rappresentati, venendo spinti da una voglia di cambiamento che provoca una scossa fin dalle fondamenta del proprio essere, fin dalle origini di sé e del proprio modo di agire nel mondo e nei confronti degli altri.

“Esclusi i presenti” è il secondo brano dell’album, che si avvia con una rapida intro di quelli che sembrano degli strumenti ad arco, che suonano delle brevi e rapide note, con rapidi tocchi di archetto. Dopo questa introduzione, ecco la canzone vera e propria, con chitarra, basso e batteria a farla da padrone, in una ritmica fortemente trascinante e rapida, che non lascia prigionieri.

La vocalità è fresca, brillante, pulita e levigata, e con il suo canto sembra prendersi beffe delle tipologie di persone di cui parla, delle categorie sociali che descrive: Gianpaolo dice di odiare chi parla troppo, non avendo in realtà niente di utile da dire, e lo fa tanto per ammazzare il tempo.

Lui quindi ha deciso di vivere nel silenzio, cosa che gli sembra più ragionevole, piuttosto che sparare fandonie a destra e a manca, facendo la figura degli idioti: c’è poi chi pubblica foto sui social tutti i giorni, foto che sono tutte uguali a sé stesse e dimostrano una cronica mancanza di fantasia.

Il nostro cantautore ci dice che in realtà non gli importa niente della vita vuota di quelle persone: ci sono poi giorni in cui se ne andrebbe di corsa su di un altro pianeta, un pianeta che non abbia forme di vita, per non rischiare di incontrare nessuno che possa essere di disturbo con i suoi comportamenti, in una sorta di selvatica asocialità.

Dopo un breve stacco, parte quello che sembra essere una sorta di ritornello, e che vede l’intensificazione della base sonora, con gli strumenti che suonano una melodia che diviene ancora più trascinante e ritmata, pur non perdendo in freschezza e spontaneità: il suo sogno è quello di avere a disposizione una bomba intelligente che con il suo scoppio riesca a riattivare i neuroni di tanta gente, che provochi un’infezione di buon senso, umanità e coscienza, oltre che un’amnesia generale che faccia scordare come si usa un cellulare.

La critica alla società odierna è evidente e non risparmia nessuno: Gianpaolo odia chi parla di questa cosiddetta “gente” ed è convinto di non farne parte, escludendo al contempo anche amici e parenti, alzando e mani e dicendo “Esclusi i presenti!”; questa è vera e propria ipocrisia.

Segue poi un breve assolo di chitarra, che esegue delle semplici sequenze di note, che fanno quasi da stacco fra una parte e la successiva della canzone: il nostro cantautore prosegue immediatamente con la propria invettiva, dicendo che odia chi si lamenta sempre senza fare mai nulla per migliorare le cose, lasciando che tutto quello che c’è intorno a sé cambi, ma senza cambiare nulla di sé. L’odio si estende poi anche a chi parla spesso di qualcosa che non conosce, a chi parla e non ascolta e va avanti a forza di frasi sciocche: certi giorni il nostro Gianpaolo vorrebbe andarsene subito di corsa, magari nel profondo del mare a parlare con i pesci, che lui sembra ritenere più intelligenti di alcune persone.

Abbiamo poi un altro momento di stacco, con quello che sembra il rumore di un lampo, rumore che anticipa il ritornello, con il sogno di una bomba intelligente che possa riattivare i neuroni di tanta gente, con un’infezione deleteria di buon senso e coscienza umanitaria e un’amnesia che faccia dimenticare come si usa un cellulare.

Viene ancora nominato chi parla genericamente della “gente” dicendo di non farne parte ed escludendo dai discorsi amici e parenti: con un’alzata di mani, ribadisce che sono esclusi i presenti. Quest’ultima parte, che dà il titolo alla canzone e all’album viene ripetuta una seconda volta, divenendo il centro focale di tutto il discorso.

Il nostro autore è proprio stanco di questo mondo, perché aggiunge che certi giorni se ne andrebbe su una montagna tibetana, a pregare con i monaci fra suoni di campane.

L’ultima parte della canzone vede la ripetizione per la terza volta di quello che appare essere davvero il ritornello, per un breve momento senza strumenti di accompagnamento e poi con una base melodica di sottofondo, con la sua bomba intelligente, i neuroni riattivati, l’infezione di buon senso e l’amnesia rispetto all’uso del cellulare.

Viene ribadito l’odio per chi parla della “gente” dicendo di non farne parte, escludendo dai discorsi amici e parenti e alzando le mani per dire “Esclusi i Presenti!”.

La canzone si conclude con uno stacco netto, senza sfumare: musica e parole si spengono improvvisamente, lasciando l’ascoltatore un po’ interdetto, perché magari si aspettava una conclusione meno spiazzante e appunto più sfumata.

Secondo me, questa invece è la modalità migliore per concludere un brano che fa della critica sociale la sua base di riferimento, perché è già stato ampiamente detto tutto all’interno della canzone, e non c’è bisogno di prospettare all’ascoltatore una possibile continuazione dei contenuti.

La voce è sempre coinvolgente, chiara, ben definita, e sa essere anche in un certo qual modo potente e definitiva.

Tornando a parlare dell’album, senza soffermarsi su ogni brano, voglio dire che abbiamo quindi un album ben scritto, ben cantato e ben prodotto, che, attraversando come detto numerosi stili e stilemi musicali, crea un’immagine piuttosto completa della società odierna, con i suoi vizi nascosti da apparenti virtù, con i suoi comportamenti ipocriti nascosti sotto un velo di superiorità, con il suo amore che si rivela alla fine falso e poco attento alle esigenze e ai bisogni dell’altro.

La condanna è estesa e uniforme, e il disco si rivela estremamente intelligente quando usa delle metafore per parlare di alcune questioni, come nel caso in cui il nostro Gianpaolo dice di essersi trasformato in un essere che vede doppio, per vedere quanto doppiamente stronza è diventata la sua lei.

Credo che, se dovessi descrivere questa fatica discografica con una parola, utilizzerei “completezza”, sia a livello stilistico e sonoro, che a livello di temi trattati: non è possibile per l’ascoltatore distrarsi in alcun modo, poiché tanti sono gli stimoli e tante sono le sollecitazioni a cui è sottoposto che deve tenere desta la propria attenzione, incrementando il suo livello di sensibilità e partecipazione.

Partecipazione, sì, perché credo che ciascuno si senta in qualche modo coinvolto nelle storie trattate all’interno delle canzoni, chi più e chi meno, e si senta un po’ chiamato in causa quando si parla di amore, ipocrisia e società moderna.

Faccio quindi i miei complimenti a Gianpaolo e spero di poter recensire in futuro altre sue opere, per vedere se si manterrà ancora su questa varietà sonora e stilistica ed amplierà ulteriormente il proprio raggio d’azione in termini di critica sociale e dei costumi, dei comportamenti e delle azioni, dei pensieri e della considerazione verso gli altri.

Lamentarsi, alzare le mani ed affermare che sono esclusi i presenti è il primo dei comportamenti ipocriti a cui Gianpaolo fa riferimento, e da esso si dipanano come in una rete anche gli altri: bravissimo lui ad estrinsecarli e a condannarli con forza, in una dimensione universale che colpisce l’animo e il cuore di chi si mette in ascolto.

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