La penna di Massimo Comi è nuovamente pronta a raccontare, dal suo punto di vista, il brano di Saimon Sail intitolato “Glock”, pubblicato sotto PaKo Music Records. Potete trovare questo brano su tutti i Digital Store e nelle nostre playlist.
Non appena ho letto il titolo della canzone, mi è venuta subito alla mente la celebre marca di pistole e ho pensato che la canzone potesse parlare di tematiche direttamente connesse con il suicidio, o comunque con il desiderio di morire.
Direi che questa mia impressione è stata confermata, anche se non mancano versi in cui il nostro rapper manifesta volontà di ribellione e di fregarsene di quello che gli altri possono pensare di lui, andando dritto per la propria strada.
La base melodica è piuttosto soft e molto d’atmosfera, con un beat leggero e soffice, che fa da accompagnamento ad alcune note di chitarra delicate, con arpeggi e accordi che scorrono leggeri lungo tutta la durata del brano, facendosi sentire come armonioso sottofondo, che crea un atmosfera di sospensione e di attesa di quello che potrà essere.
Ho notato anche che il nostro autore utilizza molto i controcanti, cioè dei brevi cori che ripetono sostanzialmente parti di versi o interi versi, facendo da contrasto ovattato e da eco a ciò che viene cantato, quasi che in essi la voce fosse filtrata attraverso un distorsore, rendendola più onomatopeica e ricca di sfumature interessanti, sia in italiano che in inglese.
Questo perché il nostro Saimon è cresciuto immerso nella cultura rap Old School, ed ha come idoli sia artisti stranieri che artisti italiani, mostrando comunque un approccio molto personale e creativo alla forma canzone e all’ hip hop in generale, facendolo assomigliare quasi a una forma di cantato, con inflessioni e accenti tipici e sottolineati, per creare variazioni sul tema che colgono l’ascoltatore di sorpresa e lo rendono maggiormente invogliato e interessato ad ascoltare ciò che l’artista ha da comunicare, al messaggio che vuole convogliare attraverso la sua opera artistica.
Se passiamo ad analizzare il testo, che ha, soprattutto nelle canzoni rap, un’importanza piuttosto rilevante, vediamo che Saimon racconta a grandi linee la storia della propria vita, con i suoi sensi di colpa, le sue manie, ma anche la sua voglia di lasciarsi alle spalle tutto e costruirsi qualcosa di nuovo.
Il brano si apre con quella che sembra essere una critica alla società odierna, che vuole vedere tutte le persone perfette, senza difetti, in grado di volare alto e farsi una strada nella propria vita, senza fragilità o problemi di sorta, che, se per caso esistono, vanno tenuti nascosti.
Il cantautore dice infatti che volare basso non è possibile e che non è più in grado di scendere dall’altezza a cui è arrivato, forse perché si è lanciato in qualcosa più grande di lui, spinto dalle pressioni imposte dall’esterno.
Ha comunque la compagnia dei suoi amici, che non ha timore a chiamare fratelli, utilizzando uno slang tipicamente inglese, per definirli i suoi “bro”, abbreviazione di “brothers”.
Da un campo allargato, si passa poi ad un campo più ristretto, con Saimon che si rivolge a una persona in particolare, che sembra essere la sua ragazza, chiedendole di dirgli cosa lei non vuole perdere, forse anche perché lui vuole sapere se tra le cose importanti c’è anche la sua presenza.
Questi primi versi si ripetono una seconda volta, con l’ultimo che va a confermare ciò che ho immaginato, perché l’artista chiede alla propria lei di dirgli che non lo vuole perdere, probabilmente perché si sente insicuro, nonostante la presenza dei suoi amici, e ha estremo bisogno di conferme.
Si arriva a questo punto a quello che appare essere il ritornello, nel quale la canzone si apre a una piccola speranza, con l’autore che dice di sperare appunto che con il tempo tutto la propria insicurezza e tutta la propria incapacità di tornare con i piedi per terra passino almeno un po’: la sua testa è piena di demoni, di pensieri che lo disturbano, che alterano la sua percezione della realtà, facendogli pensare appunto di avere una pistola puntata alla tempia, cosa che può manifestare il desiderio di morire o comunque l’incapacità di resistere alle pressioni imposte dall’esterno, che lo stringono all’angolo, soffocandolo, senza farlo più uscire.
Questo pensiero viene ripetuto anche successivamente, e ad esso si va ad aggiungere un senso di solitudine, perché Saimon afferma di camminare da solo nel proprio blocco: questo può far pensare anche al fatto che l’artista abbia trascorso del tempo in prigione, perché un blocco è appunto una delle sezioni in cui è suddiviso un carcere, o che comunque immagini la propria vita come una prigione di solitudine dalla quale fatica a venire fuori.
Nonostante questo cammino solitario, il nostro artista non riesce a non pensare alla propria ragazza, e questo probabilmente lo aiuta un po’ a sopravvivere, arrivando poi a confessarle che tutto quello che al momento crede di sapere è che le persone che lui non esita a definire dei “pezzi di merda” vogliono sapere delle cose sul suo conto: è qui presente quella che sembra un’altra espressione gergale per parlare di un fratello, l’abbreviazione “fra”, probabilmente perché Saimon sta parlando adesso a uno dei suoi amici.
Lui pone quindi una domanda diretta e precisa alla persona a cui si sta rivolgendo, chiedendole cosa lei vuol sapere di lui e affermando una cruda e dolorosa realtà, il fatto cioè che quelle brutte persone che ha incontrato nella sua vita, al di fuori della sua sfera amicale, hanno l’unico desiderio di vederlo cadere, di vederlo debole e indifeso, per poterlo attaccare meglio.
Nonostante questo, lui sembra avere delle buone capacità di difesa, perché dice che non parla, non risponde alle loro domande insistenti, e non vuole nemmeno lontanamente sapere ciò che loro credono di conoscere di lui e ciò che dicono di lui, dicendo probabilmente delle cose non vere, senza cognizione di causa.
Saimon si ribella anche nei confronti di una determinata persona, che può essere sia la sua lei che una di quelle brutte persone che lo circondano e lo soffocano: gli domanda che cosa stia dicendo, aggiungendoci che non sa davvero quello che dice. Tutto ciò, il fatto che ci sia qualcuno che parli a sproposito di lui, lo ferisce nel cuore, tanto che deve metterci sopra un immaginario mercurio, come quello che da bambini si metteva sulle ferite per farle cicatrizzare.
Il suo cuore si trova ad essere così pieno di cicatrici, anche perché ogni persona che sembra essere inizialmente buona con lui, poi se ne va senza restare, lasciandolo solo e non facendo altro che aumentare i demoni che albergano nella sua mente, ingigantendoli e rendendoli a volte insopportabili.
Saimon poi fa un’altra confessione, dicendo che a volte ha brutti pensieri, che spesso sono legati alle droghe, arrivando ad ammettere che quello peggiore di tutti è il desiderio di morire, di farla finita: ma lui sembra ancora una volta trovare la forza di reagire, perché dice che per scacciare dalla testa tutte quelle brutte sensazioni crede proprio che si metterà a giocare con la propria sorte, in una partita a scacchi, per vedere chi dei due è più forte e se lui è in grado di cavarsela e sopravvivere, magari correndo dei rischi, ma comunque muovendosi per cambiare la situazione e facendosi beffe del destino crudele, quasi come un clown del circo si fa beffe degli scherzi che gli altri clown gli infliggono.
Ritorna il tema della solitudine, che a questo punto è diventato il punto focale della canzone: l’artista dice infatti di sentirsi solo nella notte e che sta cercando la compagnia di varie persone, a quanto sembra inutilmente, perché si sforza di chiamare tutti a raccolta, ma senza risultati di rilievo in apparenza.
Viene successivamente riproposto il tema iniziale, con l’ammissione che non è possibile volare basso, che lui non riesce più a scendere dall’alto, anche se desidererebbe tanto farlo, che è in giro con quelli che considera i propri fratelli e che vuole sentirsi dire dalla propria lei che non lo vuole perdere.
Ritorna anche la speranza che con il tempo le cose si possano mettere a posto, insieme all’ammissione di avere dei demoni nella propria testa, che gli fanno sentire la canna di una pistola puntata sulla sua tempia.
Tutto questo sviluppo viene ripetuto una seconda volta, e va a concludere il brano, lasciando nell’ascoltatore la sensazione che i problemi di Saimon non siano stati del tutto risolti, in un senso di incertezza, di indeterminatezza, di paura del futuro, di costrizione e di messa all’angolo dalle circostanze della vita e dalle brutte persone incontrate.
Alla fine, ci resta una buona canzone hip hop, breve ma incisiva, che riesce a comunicare efficacemente il proprio messaggio, anche se alla fine lascia le cose un po’ sospese, un po’ irrisolte. Il brano è secondo me molto ben prodotto, e la base musicale è raffinata, elegante, ben costruita, molto leggera per lasciare spazio alle parole, che sono la cosa più importante.
A questo punto, mi è venuta la curiosità di ascoltare altre canzoni di Saimon successive a questa, per vedere se i suoi demoni interiori sono stati sconfitti una volta per tutte e per capire se il suo giocare con la propria sorte ha generato dei frutti, ha portato a dei risultati rilevanti.
Il brano mi è sembrato di una sincerità disarmante, perché ha messo sul tavolo tutte le incertezze, tutte le debolezze, tutti i problemi che il nostro Saimon deve quotidianamente affrontare: come dico sempre, non è facile aprirsi così tanto verso i propri ascoltatori, e io ammiro gli artisti che riescono a farlo.
Mando quindi il mio plauso a Saimon per l’immediatezza del messaggio e per la sincerità e ammetto che in alcuni punti mi sono ritrovato nelle sue parole, immedesimandomi nella sua situazione.
Questa canzone mi ha convinto ancora di più che è necessario fregarsene di quello che gli altri pensano e dicono di noi, proseguendo dritti per la propria strada, senza starci troppo a pensare e senza fare inutili elucubrazioni, che contribuiscono solo a creare confusione nella propria testa, che invece deve essere libera e aperta verso le buone esperienze.
Ringrazio quindi Saimon per avermi trasmesso questo importante messaggio.
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