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Una nuova recensione di Massimo Comi, questa volta ci parla di “Masochist”, il brano di Gianluca Amore,
raccontato dal suo punto di vista, con le sue emozioni e le sue sensazioni. 

Il brano solletica da subito la fantasia, con un’introduzione che fa uso di un’ammiccante linea di basso, che ricorda un po’ una musica di estrazione black, sull’onda di quanto fatto da un’artista come Michael Jackson e perfezionato da un produttore come Quicy Jones.
Dopo questo interessante inizio, si passa a sonorità più “moderne” e fresche, che fanno riferimento ad un universo che può ricordare la world music, con un’orchestrazione che mostra una certa sensibilità per il gospel ed il soul, con l’utilizzo anche di cori, che vanno a ribadire il concetto espresso dall’artista nel suo brano.
Ma qual è questo concetto? Si tratta del fatto che il nostro Gianluca si ritrova in una condizione paradossale, perché capisce di amare qualcosa che lo ha ferito e gli ha fatto male.
Adesso si sente libero, e sa che dovrebbe essere fiero e soddisfatto di sé stesso per aver troncato una relazione che gli ha portato solo del dolore, ma invece non è così: si trova a piangere in ginocchio sulle cose che si è lasciato alle spalle, arrivando a pensare di essersi innamorato non della sua donna, ma dell’idea di essere depresso a causa di lei e delle sue azioni.
Si tratta quindi di un rapporto amoroso estremamente complicato, che sembra finito e viene rappresentato dalla parte di chi lascia, ma che continua ad avere implicazioni proprio sulla vita di chi ha lasciato.
Il protagonista della canzone arriva quindi ad un’ovvia conclusione, cioè quella di essere un masochista (tra l’altro, scritto con la lettera maiuscola per evidenziarne l’importanza), che ama il dolore in cui si trova immerso e considera la malinconia una compagna di vita. La cosa interessante è che Gianluca, perché questa sembra proprio una canzone autobiografica, sente di aver bisogno di piangere le lacrime che gli rigano il viso, quindi questa sofferenza in cui si trova coinvolto in qualche modo è qualcosa che mantiene viva una fiamma dentro di lui, dalla quale non vuole staccarsi definitivamente, perché nonostante tutto la sensazione è di essere in presenza di qualcosa di contraddittorio: tutto è stato fatto per troncare una relazione che provocava solo dolore, ma questo stesso dolore aumenta invece che diminuire e sparire del tutto con la conclusione del rapporto.
L’artista si trova ad aver nostalgia di qualcosa che gli ha fatto male, e più è forte la nostalgia più si rafforza la convinzione di trarre compiacimento da questa situazione, come se aver lasciato la propria donna abbia provocato un sentimento estremamente contrastante nell’animo del protagonista, che si alimenta e si abbevera alla fonte della sofferenza e del dolore, provando inaspettatamente piacere.
Questa contraddizione in termini è molto evidente in una strofa in particolare, in cui lui ha nostalgia di lei e lei stessa continua a dire di amarlo e di tornare, ma quando lui la vede scappa via e la implora di dirgli per quale motivo lui è così strano: è qualcosa che lui non riesce a capire né a spiegare, perché non vuole più vederla, ma al contempo continua ad amarla.
La cosa bella è che lui sa (lo ripete molte volte) di essere un masochista, ma è come se si arrendesse all’evidenza, al fatto di aver bisogno per andare avanti di piangere ancora delle lacrime amare su qualcosa che è rimasto impresso nella sua mente e che lo ha fatto soffrire.
Da una parte c’è il rifiuto della donna amata, dall’altra c’è il fatto di amarla ancora e di provare un sentimento contrastante, che alla fine è l’elemento che costituisce l’architrave del brano: tutto si basa su un semplice fatto, che cioè qualcosa che si è fatto di tutto per abbandonare, per lasciare, è rimasto nella mente, provocando ancora del piacere, un insano piacere per qualcosa che invece dovrebbe provocare solo sofferenza e dolore.
Ma la complessità della situazione rappresentata nella canzone non ci deve distogliere dall’architrave sonora della canzone stessa, secondo me molto ben fatta, perché presenta come detto richiami a tanti generi di musica, da quella black a quella gospel, passando per una spruzzata di funk e di soul.
Si parte con una stimolante introduzione, con il basso a farla da padrone, e si arriva ad una parte molto corale e cantata, in un’alternanza che rende il brano interessante e mai noioso.
La voce di Gianluca è effettivamente molto potente e brillante, e sembra perfetta per esprimere il sentimento che lui prova ad esternare (secondo me efficacemente) all’interno della sua composizione, un sentimento estremamente contraddittorio, con una fiammella d’amore ancora viva nel proprio cuore, a cui si oppone il rifiuto dell’oggetto di questo amore: su questa contraddizione si regge la canzone, e devo ammettere che è la prima volta che mi capita di recensire una canzone che racconta una situazione così strana, così ambivalente.
Di solito, in una canzone d’amore, si parla della gioia di amare la propria lei oppure del fatto di non amarla più e di essersi liberati da un peso, lasciandola.
Qui entrambe le caratterizzazioni convivono, e questo è un elemento, come già affermato, interessante, perché scompagina le credenze che le persone si sono fatte nel corso della propria vita a proposito di una relazione amorosa.
E’ come se in qualche modo si celebrasse il dominio della donna, che riesce nell’intento di causare dolore sia prima, durante la relazione, che dopo, a relazione finita. L’uomo si ritrova succube della sua presenza, e, pur non riuscendo più a trovare il coraggio di guardarla, sente ancora qualcosa per lei, cosa che causa un’ambivalenza di sentimenti che risulta interessante.
Bisogna dire che comunque il protagonista non lascia spazio a dubbi, ammettendo tutte le proprie debolezze e fragilità lungo l’intero sviluppo della canzone: è come se lui ci raccontasse una storia, di cui rivela il finale, senza lasciare lo spazio ad interpretazioni di sorta.
Sembra che dica: la situazione è questa, io ne sono perfettamente consapevole, ma non posso far nulla per ovviare a questo stato delle cose, perché sono totalmente succube dell’insieme di stati d’animo contrastanti che genera in me, e preferisco continuare a provare un dolore che mi tiene comunque in vita, piuttosto che dimenticare tutto, perché per farlo è necessario rinunciare al mio modo di essere, diventare un’altra persona, completamente diversa da quella che sono.

Non è sicuramente facile ammettere di essere un “masochista”, esprimendo tutte le proprie fragilità e i sentimenti contrastanti che albergano nel proprio animo. Per questo secondo me bisogna dare merito all’artista, perché non so quante persone avrebbero il coraggio di farlo.
Tornando alla voce, si può dire che essa sia al contempo potente e cristallina: sa farsi sentire, pur mantenendo un timbro chiaro e ben definito, a volte anche raffinato.
Alla fine ci resta un brano dalle svariate influenze, che tocca diversi generi, ed esprime qualcosa di insolito per una canzone d’amore, ma proprio per questo risulta essere più toccante e incisiva, riuscendo ad andare alla fonte di un sentimento che difficilmente si trova espresso in una canzone di questo tipo.
Devo dire bravo a Gianluca, che ha avuto il coraggio di mostrare tutto quello che mantiene il suo cuore e il suo animo in soggezione rispetto ad un’ambivalenza che lo tiene in scacco, ma che attraverso la canzone può essere esorcizzata, con il passare del tempo. L’amore è un sentimento complicato, e mai come in questa canzone rivela la propria complessità, le proprie mille sfaccettature, le proprie mille contraddizioni: anche esse a volte sono utili per mantenersi vivi, per avere la sensazione di provare ancora qualcosa e non essere quindi più privi di sentimenti, che sono il sale che contribuisce a mantenerci consapevoli di ciò che proviamo e sentiamo.

Gianluca Amore – Masochist 

 

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Etichetta 
PaKo Music Records 
Ufficio Stampa 
Music and Media Press

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