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Ritroviamo Massimo Comi nell’appuntamento del giovedì, un’altra recensione per un inedito di un gruppo lodigiano. Massimo ci racconta “Il Ballerino” dei Gipsy Tales, descrivendo e analizzando ogni parte del brano. Trovate la musica di questa band su tutti i Digital Store e in playlist.

Quando ho visto il nome della band, mi sono venuti in mente sia il mondo delle favole che quello gitano, in un mix affascinante sia per l’immaginazione che per gli universi che appariva in grado di evocare questo modo “nomade” di vedere le cose, che mi indicava una via sempre in rotta di collisione con la fissità che talvolta possiede il mondo e con le catene che esso pone agli spiriti liberi.

E di uno spirito libero si parla infatti in questa particolare canzone, quello di Rudol’f Nureev, uno dei più grandi ballerini della storia, che per esercitare la propria professione e a causa della sua omosessualità, ha sempre dovuto fuggire da qualcosa per inseguire i propri sogni e realizzarsi compiutamente come uomo ed essere umano.

Il gruppo dei Gipsy Tales raccoglie in sé musicisti di diversa estrazione, suonando un tipo particolare di folk, in cui esiste anche una corposa componente di strumenti a fiato e di violino e una parte più “classica”, ma comunque di estrazione più gitana, data dalla chitarra acustica.

In tutto questo, si va a inserire il cantato, anche se sarebbe meglio dire il parlato, visto che la maggior parte del testo viene raccontato tramite praticamente una voce narrante, che sembra raccontare una storia, con un piglio molto deciso e un tono che sembra non ammettere repliche.

A questa voce maschile, si va ad incorporare e aggiungere in alcuni tratti anche una voce femminile, che crea un efficace contrasto, perché essa porta con sé un cantato molto brillante, dai toni alti e altamente espressivi, il quale si fa portatore di una voglia prorompente di libertà, accompagnata anche da alcune note di una drammaticità struggente, che sottolineano la lotta del protagonista del brano contro le catene imposte dal regime politico sotto il quale si era trovato a nascere e vivere.

Le sonorità espresse dal gruppo mi hanno riportano alla mente in qualche modo quelle dei Jethro Tull, uno dei più famosi e affermati gruppi della scena Prog, che hanno inserito parti di flauto traverso, attraverso l’interpretazione del loro leader Ian Anderson, in un fondale fatto di chitarre molto sincere e veraci, con costumi di scena a volte bizzarri, che mi hanno fatto pensare a quelli che Nureev poteva aver indossato nei suoi vari spettacoli in giro per il mondo.

Oltre al riuscitissimo mix musicale, in questo brano assume un’importanza vitale anche il testo, proprio perché racconta e canta come detto una storia: si parla di un’esistenza sicuramente non facile, perché fin dalla nascita, avvenuta su un vagone del treno, le avversità hanno cercato di colpire il protagonista del brano, con il capotreno preoccupato per la sua salute.

Il rapporto con il padre non deve poi essere stato dei migliori, perché forse anch’egli faceva parte del regime, e negava ogni possibilità di scelta libera e consapevole al proprio figlio, che aveva per fortuna il teatro in cui danzare libero e dare sfogo a tutta la sua rabbia e a tutto il risentimento che provava.

In aggiunta, anche l’ambiente in cui il nostro ballerino si trovava a vivere era complesso e difficile, dominato dalla guerra, che opponeva uomini di diverse fazioni e che scatenava dei conflitti anche nella sua mente, che si chiedeva come fosse possibile tutto questo, oltre al fatto che non potesse vivere libero solo perché amava un altro uomo e non una donna.

Da tutto questo, i Gipsy Tales traggono un insegnamento, che vogliono comunicare al mondo, sempre modellandolo sulla storia del loro protagonista: quando tutto sembra crollarci addosso, pur restando in un equilibrio precario, quando tutto sembra incatenato, senza possibilità di muoversi e ci pone davanti ad un complesso bivio, un rimedio efficace può essere quello di cominciare a muoversi e a ballare, senza pensare a ciò che ci circonda, ma dando valore alle proprie passioni e ai propri sogni.

Viene poi descritta quella che sembra essere una delle caratterizzazioni principali di Nureev, cioè quella di non confondersi mai fra la folla, di distinguersi e di riuscire a compiere dei veri e propri miracoli grazie alla musica delle opere su cui balla e esprime il suo talento incredibile. Non gli interessa infatti vestirsi come tutti gli altri, nelle sue scarpe da ballo mette infatti il proprio cuore e la sua voglia, appunto, di ballare.

Il sogno del ballerino protagonista della canzone è quello di volare sempre più in alto: niente lo può fermare, perché lui desidera solamente andare avanti e compiere un altro salto sul palco, con la sua solitudine e la sua arroganza che si allontanano da lui, andando lontano dalla sua stanza, anche se, purtroppo, gli uomini dei servizi segreti russi, del KGB, vogliono a tutti i costi portarlo via dalla sua patria e impedirgli di vivere libero, esercitando la sua professione senza vincoli di sorta.

Ma lui crede fermamente in una cosa, che cioè se qualcuno ci dice che non possiamo fare una certa cosa, noi dobbiamo continuare strenuamente ad inseguire quello che amiamo di più, perché nulla più distruggere l’amore per un sogno.

Viene ribadito poi quello che sembra essere il tema portante della canzone, che cioè quando tutto sembra cedere e cadere, facendoci restare in equilibrio precario, quando tutto sembra immobile e ci lascia davanti ad un tragico bivio, è necessario alzarsi e fuggire via, senza pensare a nient’altro che a ballare, perché il ballo significa libertà di manifestare i propri sentimenti e la propria gioia di vivere.

Al nostro ballerino non serve vestirsi come fanno tutti gli altri, perché ballando sulla sua musica può fare miracoli: nelle sue scarpe porta la positività insita nel fare quello che più si ama, come in questo caso ballare, mettendoci il cuore.

Bisogna sempre muoversi e ballare, anche se il mondo che ci circonda è pieno di infamia, ballare, sempre e comunque, ballare, ballare e ballare ancora.

Il brano vira poi verso la nostra realtà di tutti i giorni, dedicando le proprie parole a chi ogni giorno fa fatica, a chi non si arrende e accetta sempre la sfida, secondo l’insegnamento che viene fornito dallo stesso Nureev, la cui storia segnata, difficile e piena di ferite deve diventare un esempio di vita, per le persone che probabilmente non si sono mai sentite veramente vive, alle quali un insulto ha fatto più male di mille discorsi vuoti e privi di significato.

Là fuori ci sono e ci saranno sempre delle persone stronze, pronte a aggredirci senza fermarsi mai, a giudicarci senza un motivo valido, facendoci del male: noi non dobbiamo farci condizionare da questo meccanismo perverso e continuare ad amare, perché l’amore è il sentimento che muove il mondo e che può salvarlo.

Il soggetto della parte finale del brano diventa ancora il nostro ballerino, e si dice che lui per fortuna non potrà essere mai considerato come gli altri e che ora vive per librarsi alto nel cielo: a lui non interessa inseguire un ideale, ma la cosa che lo coinvolge di più è il fatto di tenere il tempo per ballare senza sosta.

Anche se siamo circondati dall’infamia e dalla cattiveria, noi dobbiamo comunque continuare a ballare, sempre e comunque ballare, in modo da liberare la nostra mente dai discorsi falsi e inutili e riuscire a perseguire i nostri sogni, senza che ci sia qualcuno in grado di impedircelo.

Alla fine, ci resta un brano dalle mille sfaccettature, un mix di vari generi che non lo rende catalogabile con una sola etichetta, un folk fatto anche di fiati e violini, di chitarre acustiche e versi rappati, di canto e di cori dalle vette altissime, struggenti, ma allo stesso tempo capaci di dare speranza: il verbo “ballare” è il centro focale della canzone, sia perché essa è dedicata ad un ballerino, sia perché muoversi ci rende liberi dalla schiavitù del mondo e ci rende in grado di raggiungere i nostri sogni, alla faccia di chi ci vuole male e vorrebbe distruggerci con il suo odio.

La varietà è la cifra distintiva di questo brano, perché si sente il suono di diversi strumenti, che contribuiscono a rendere affascinante l’insieme, e perché c’è una parte di testo parlata e un’altra parte di testo cantata, con la voce maschile e quella femminile che si uniscono e sovrappongono, creando un insieme molto interessante, a tratti drammatico, ma capace comunque di dare speranza attraverso le parole che vengono pronunciate.

Se il mondo ci osteggia, ci mette i bastoni fra le ruote, noi non dobbiamo farci sopraffare, ma dobbiamo rialzarci e cominciare a ballare, perché il fatto di muoversi al ritmo della nostra musica preferita non è simbolo di pazzia o scarso attaccamento alle cose, ma di voglia di liberarsi da ogni tipo di vincolo e costrizione, per librarsi alti nel cielo e raggiungere ciò che si sogna.

Io personalmente mi fido poco delle persone che dicono di non aver mai ballato nella propria vita e che restano indifferenti quando ascoltano una particolare canzone, perché significa che non hanno ancora vissuto appieno la propria vita e non hanno ancora imparato il significato dell’inseguimento di un sogno da realizzare a tutti i costi.

Affascinante è come detto il nome del nostro gruppo: ci offrono e ci raccontano delle favole in musica, in stile gitano, per permetterci di usare la nostra immaginazione e crearci nella testa un mondo migliore rispetto a quello che ci circonda, contagiando con il nostro entusiasmo il maggior numero di persone possibile e comunicandogli che seguire i propri sogni non è una cosa da pazzi, ma qualcosa che ci rende veramente e realmente degli esseri umani, dando alla nostra vita dei colori e delle tinte splendenti, che risaltano fra quelle fosche del mondo che talvolta ci circonda.

Se non ci si può esprimere liberamente come esseri umani, la vita non vale nulla e non serve a nulla; ognuno ha le proprie caratteristiche, i propri pregi e i propri difetti, ma è una persona mancata se non gli viene dato il modo di esprimere fattivamente tutto questo.

Ho avuto modo di ascoltare una canzone ben suonata, ben cantata e ben prodotta, che mi ha ribadito il fatto che il modo migliore e più autentico per vivere è muoversi e ballare, alzarsi in piedi e cominciare ad inseguire i propri sogni, grandi o piccoli che siano.

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