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Benvenuti all’intervista esclusiva con Ganassa, il cantautore milanese che ha catturato l’anima di una generazione con il suo ultimo singolo, “Anice”. Attraverso questo viaggio emozionale, esploreremo i dettagli dietro la creazione di questo brano unico, affrontando le sfide artistiche e scoprendo i significati più profondi che si nascondono dietro le melodie avvincenti e le liriche incisive.
Preparatevi a immergervi nel mondo di Ganassa, dove ironia, malinconia e speranza si intrecciano in un mix unico, pronto a scuotere le vostre emozioni. Ora, senza ulteriori indugi, diamo il via a questa conversazione esclusiva con Ganassa.

  • Benvenuto e grazie per la tua disponibilità. Sei con noi per raccontarti e parlare del tuo nuovo brano. Per favore, presentati brevemente a coloro che potrebbero non conoscerti. Racconta chi sei e come mai hai scelto Ganassa come nome d’arte?
    Ciao a tutti e piacere di conoscervi, mi chiamo Giacomo, in arte Ganassa. “Ganassa” è come mi chiamava mio padre quando mi vedeva esultare alla Fabio Grosso dopo aver segnato il gol decisivo nelle mie partite immaginarie, usando come porta il letto a castello. In dialetto milanese è un’accezione positiva di “sborone” o “esaltato”, e devo dire mi ci rivedo molto.
  • Ganassa, “Anice” è stato definito un inno alla vita, all’amore e alle sue complessità. Cosa ti ha ispirato a creare un brano così ricco di emozioni e significati?
    Anice è un brano che ho scritto, come amo spesso fare, pensando a ciò che non ho. Al suo interno ci sono tante immagini di insoddisfazione o di mancanze, ma mai rappresentate in modo triste, li definirei di più come dei disegni allegri ma in bianco e nero, e sta a noi poi colorarli colmando quei buchi.
  • Il testo di “Anice” è permeato di metafore audaci e profonde. Qual è la tua metafora preferita e quale messaggio intendevi veicolare attraverso di essa?
    Per un malato di scrittura come me è impossibile scegliere una frase, ma se devo trovare un legame speciale per me quello è sicuramente con il ritornello. I colori li ho sempre trovati un ottimo mezzo comunicativo, e con questo ritornello ho potuto rappresentare questa immagine. Inoltre è un ritornello che dopo 2 anni ancora non ero riuscito a scrivere, ma un giorno, una sera qualunque, nel solito pub, ha preso magicamente forma. Infatti il mio amico Edo (che ringrazio), uscendo dal bar a fine serata, ci ha tenuto a salutare noi ultimi rimasti nel modo più romantico che abbia mai sentito: “Ciao ragazzi, vado a farmi rubare i colori”. Il resto è storia. . .
  • La tua scelta di confrontare le coppie di brutti con Kim e Kanye West è audace e ironica. Come hai sviluppato questa idea nel contesto del brano e quali riflessioni intendi suscitare nel pubblico?
    Quella è una frase a cui tengo particolarmente, e che collego fortemente a quel momento della giovinezza in cui capisci di non essere tu il protagonista del film, o il principe azzurro. Quel momento in cui crolla tutto il castello di carte e ti rendi conto che la vita non è una distesa di neve immacolata, ma piuttosto una pista da sci, dove però non ci sono inseguiti e inseguitori, dove non ci sono scelte migliori e scelte peggiori, ci sono solo scelte. Il riferimento a due icone generazionali come Kim e Kanye mi faceva sorridere accostato a quando, in metropolitana o per strada, vedi quelle coppie tenerissime di fidanzati a cui non frega niente di essere Kim e Kanye, di essere i più belli: si sono trovati, si trovano bene e si amano, perché la forma è bella quanto vuoi, ma la sostanza lo è molto di più.
  • La tua prossima esibizione al Circolo Arci Bellezza di Milano è molto attesa. In che modo pensi che la performance live possa aggiungere nuove dimensioni emozionali a “Anice”?
    “ANICE” è un brano con un sound molto particolare, sia per la mia discografia sia in generale. Le pause lunghe tra un verso e l’altro e il ritornello dalle vibes “house” ma molto delicato sono convinto stupiranno il pubblico, magari spesso abituato a una struttura strofa / drop / strofa. Per il resto non voglio spoilerare troppo, ma preparatevi perché ci saranno delle sorprese. . .
  • Il sound indie-pop di “Anice” è definito fresco e originale. Come hai lavorato sulla produzione per dare vita a un’esperienza così contemporanea e distintiva?
    La produzione di “ANICE” è iniziata con Alejandro Zannoni ormai più di 2 anni fa con una strumentale alla quale a dire il vero siamo stati molto fedeli. I cambiamenti principali sono stati nel ritornello, nel quale oggi la cassa dà al pezzo tutto un altro sapore, e nel drop successivo dove con Francesco De Rosa siamo riusciti, sia vocalmente che con il basso, a creare questo rollercoaster armonico davvero unico.
  • Il brano è descritto come un viaggio attraverso sentimenti contrastanti. Esiste una parte specifica di “Anice” che ritieni incarna meglio la dualità emotiva che volevi trasmettere?
    Bella domanda, quasi l’intero brano sottintende questo dualismo. Di tutti i versi che lo rappresentano forse quello che lo esprime meglio è: “pensavi fosse un succhiotto, ma è solo un livido”, perché in questo passaggio si passa in pochi secondi dall’amore alla paura, dal sesso al dolore. Con le frasi successive si capisce il tono ironico del concetto, ma preso e letto singolarmente penso abbia un messaggio forte e chiaro, che specialmente in questo momento non possiamo permetterci di ignorare, perché nell’amore non c’è paura, perché nell’amore non c’è violenza.
  • Hai affrontato temi profondi sulla fugacità della vita. C’è un particolare verso o momento in “Anice” che senti rappresenti meglio il cuore e l’anima della canzone?
    Il verso “voglio morire giovane il più tardi possibile” penso sia la stella polare di questa canzone, dentro c’è un po’di tutto: poesia, cazzimma. . .Devo essere onesto, è una citazione che ho rubato a mio padre, che a sua volta penso abbia trovato in qualche meme da boomer all’interno di qualche strano gruppo whatsapp, e tutto questo per me rende tutto assurdamente più romantico.
  • Cosa rende unica il tuo approccio alla scrittura e alla composizione musicale rispetto ad altri cantautori della tua generazione?
    Il mio approccio alla composizione è semplicemente e forse ingenuamente legato alle sensazioni, negli anni ho arricchito il mio bagaglio di nozioni a riguardo, ma alla fine si parla di musica, e se non c’è sentimento non c’è niente. Il mio approccio alla scrittura invece è ben diverso, sono molto più lento e metodico nella scelta delle parole, ci tengo molto al fatto che siano sincere: per questo da anni non scrivo più su carta (metodo che trovavo troppo costruito per me), ma scrivo le frasi migliori su un gruppo di Whatsapp di cui sono rimasto l’unico partecipante, e se non sono sincero con me stesso con chi dovrei esserlo?
  • Siamo giunti alla conclusione dell’intervista. C’è un aspetto che desideri condividere ma che non abbiamo avuto l’opportunità di chiederti? Potresti porti una domanda e condividere la risposta con noi?
    In realtà vorrei mandare un messaggio, per chi leggerà, a tutte le menti creative (e non) che per paura o vergogna non si sono mai veramente buttate ed esposte. Fatelo, lanciatevi, rischiate e sbagliate, e non abbiate paura che le cose non vadano come volete, perché l’errore sta proprio lì, nell’immaginarsi come vorreste che vadano. A questa cosa non crede mai nessuno perché a dirlo sono sempre quelli che ormai “ce l’hanno fatta”, e invece questa volta lo dico io, che non sono nessuno ma che sono contento, con le mie soddisfazioni e i miei rimorsi, di essermi buttato in questa passione che, se non avessi provato a coltivare, avrei rimpianto.

 

 

E con questo, si conclude la nostra conversazione con Ganassa, il visionario cantautore dietro il coinvolgente singolo “Anice”. Speriamo che questa incursione nell’anima del brano abbia offerto una prospettiva più profonda sulla sua creazione e significato. Continuate a seguire Ganassa per ulteriori sorprese musicali e nuove avventure emozionali. Grazie per esservi uniti a noi in questo viaggio attraverso la musica e le emozioni di “Anice”.

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