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E’ sempre un piacere ospitare nuovi artisti, soprattutto quando sono di spessore come Mr Papel, con noi per raccontare un po’ del suo percorso e per presentare il suo primo brano sotto PaKo Music Records. Potete trovare la sua musica su tutti i Digital Store e, ovviamente nelle nostre playlist.


Ciao Papel, benvenuto sul nostro magazine, e complimenti per il brano, davvero bello. Raccontaci qualcosa di te, chi è Mr Papel?
Ciao e grazie a voi! E’ un piacere. Non vi annoierò con tutto il mio “storico”… inizierò dalla fine… Mr Papel è la naturale prosecuzione ed evoluzione di un progetto nato anni fa: un gruppo alternative, indie, post punk, che fondai e con il quale ho suonato un po’ ovunque ed autoprodotto molti brani. Tuttavia ho sentito l’esigenza di proseguire lungo un tracciato parallelo (che dentro di me si era formato già da un po’), con testi in italiano, ma suono e melodie internazionali, almeno nelle intenzioni. Cerco di non mettere troppo me in Mr Papel, anche se è inevitabile… lo ritengo un mio alter ego. Il resto è ora, sono pronti altri brani, sicuramente più intimi ed in cantiere nuove canzoni. Cerco di fare del mio meglio. A breve partiranno i live, in cui mi esibirò in acustico, in una versione “one man band”.

  • Come ti sei approcciato al mondo musicale?
    Non lo ricordo, credo di esserci nato. Fui subito messo sullo sgabello di un pianoforte. Il primo approccio fu quello dello studio della musica classica, amavo Chopin, Liszt, Satie, Debussy, suonarli era un viaggio mentale ed emotivo. Poi le prime scoperte della musica non mainstream, il liceo, i compagni con cui fondai una band (tra l’altro una band metal trash che avevo rimosso dalla mente), la passione per i radiohead, i sigur ros, il post punk dei cure e degli smiths, il noise dei sonic youth, l’elettronica dei massive attak, chemical brothers  l’indie o lo shogaze degli slowdive o beach fossil, i viaggi a new york e londra dove alla raugh trade potevi ascoltare i blok party o i belle and sebastian, o in un negozio di williansburg a brooklyn capitava di ascoltare gli strokes, gli interpol o gli arcade fire. Tutto era una novità per me. Ovviamente non mi sono fermato ed ho divorato di tutto, musicalmente.
     
  • Qual è il sogno di Mr Papel e qual era quello da bambino?
    In parte il sogno si sta realizzando: riuscire a produrre i propri pezzi e fare in modo che vengano ascoltati è un traguardo raggiunto. Ovviamente sono all’inizio del “viaggio” ed il sogno è quello di concretizzare sempre di più questo progetto. Mi auguro di trovare nuove collaborazioni artistiche, di chi magari crede in questo progetto.
    Ho incontrato persone incredibili, come Patrizia della Pako Music record (l’etichetta che ha creduto in me e che non smetterò mai di ringraziare), il produttore Alessandro La Padula, lo staff dello studio in cui ho registrato, la ragazza che ha curato il progetto grafico Karen Natasha Wikstrand, tutte persone preparate e serie, dei veri professionisti, anche questo è un sogno realizzato.

Invece, il mio sogno ai bambino…? Decisamente fare musica e viaggiare nei luoghi più incredibili del mondo come un pirata.

  • Il tuo brano intitolato “Ricordi che non ho”, è un pop in stile british… raccontaci di cosa parla, com’è nato?
    Grazie! Essere accostato allo stile british è un enorme complimento. Il brano nasce qualche anno fa, o meglio da una esperienza vissuta.
    Vivevo a Buenos Aires. Si è “manifestato” da solo, non ho dovuto far altro che prendere la chitarra e tirar fuori le parole: ha bussato alla mia porta ed è entrato. Prende forma da esperienze vissute, dolorose, ma soprattutto dalla voglia di riscatto, la voglia di andare avanti e dalla consapevolezza, o meglio la certezza, che il dolore non è mai fine a se stesso, ma ci rafforza quando lo elaboriamo, che il dolore passa.
  • Scrivi la frase più significativa di questo brano  e se ti va spiegaci il significato
    Ce ne sono alcune, ma quella che mi viene in mente ora è ”ma non ci sei che te a far morire i miei pensieri, tu non mi tocchi più, tu fai affogare in me i ricordi, quei ricordi che non ho”. Ogni distacco porta sofferenza e spesso si amplifica la perdita, ciò che è stato perso… quindi si rielabora il passato come qualcosa di unico, incredibile, che mai più  accadrà. Sono distorsioni dovute alla dipendenza affettiva. Si creano ricordi non veri, ricordi che non ci sono.
     
  • Quali sono le differenze tra la musica di oggi e quella del passato?
    Domanda di riserva? A parte gli scherzi… E’ cambiato tutto: il modo di frure, di produrre, di comporre, la distribuzione… In ambito prettamente compositivo, percepisco da parte degli artisti meno preparazione: lo studio dello strumento o della tecnica, la “cultura” musicale, sono per loro marginali. Ognuno cerca di rappresentare se stesso e forse questo essere autoreferenziali è uno sgarbo che si fa alla musica. C’è molto talento in giro, ma non viene valorizzato con lo studio. Ormai conta più la produzione della melodia e con questo potremmo aprire un dibattito infinito. Per quel che riguarda la fruizione, ormai le piattaforme d’ascolto sono infinite, tutto è velocissimo, … Conta più una pagina social che una esibizione live. E’ un bene o un male? Non saprei… forse entrambi
  • I tuoi progetti futuri?
    A breve dovrebbe uscire un secondo brano dell’Ep e inizieranno le esibizioni live, per le quali ho scelto una dimensione intima ed acustica. La cosa che comunque sto programmando più di ogni altra è la composizione di nuovi brani, con una produzione il più consapevole possibile, il tutto alla ricerca della naturale evoluzione del progetto Papel.
  • Cosa pensi serva per potersi affermare oggi?
    Sicuramente ci vuole talento e fortuna in generale… Però c’è una cosa che ritengo più importante in assoluto, l’abnegazione, il credere nel proprio progetto, l’dea che sostiene il proprio percorso… Come diceva un mio professore “dietro ad un grande progetto, c’è una ed una sola grande idea”… aveva ragione da vendere
  • E soprattutto al giorno d’oggi la cosa difficile è mantenere il successo che, magari, si ottiene con un brano. Cosa ne pensi tu?
    La risposta è sicuramente connessa alla domanda precedente… Si può non avere un gran talento e un po’ di fortuna, si può capitare nel posto giusto al momento giusto… tuttavia, se non c’è l’abnegazione, lo studio, la ricerca e non si crede in ciò che si fa, dando tutto te stesso per il tuo progetto… il successo è difficile da mantenere. Un esempio bellissimo potrebbero essere i Radiohead (mi vengono in mente loro in questo momento), da un primo disco assimilabile al brit pop… hanno creduto nella propria musica, mettendosi spesso in discussione ed evolvendosi in modo naturale, seguendo il loro istinto o anche percorrendo in modo consapevole e precostituito un loro percorso. Anche se forse hanno meno audience sono ormai culto, storia del rock.
  • Siamo arrivati a fine intervista… Domanda a scelta.
    C’è qualcosa che non ti ho domandato ma che avresti voluto ti chiedessi? Puoi farti una domanda e risponderti.
    Questa è la domanda più difficile in assoluto. In realtà non c’è nulla che avrei voluto mi chiedeste in più… E’ stata una piacevole e bellissima chiacchierata. Però vorrei salutarvi, oltre che ringraziandovi, con un auspicio… per voi ed i vostri lettori auguro tutto il bene possibile e a me auguro una cosa… quella di continuare a fare musica e di far provare emozioni a chi l’ascolta. Grazie

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