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Anastasia Anniemore24 è, un progetto, una voce narrante, una voce unica che trasforma la poesia in musica, fondendo emozioni e riflessioni in brani che raccontano il nostro tempo. Con il suo primo singolo in italiano, “Questo Autunno” , Anastasia porta il pubblico in un viaggio tra valori del passato e le sfide del presente. Oggi, ci racconta il suo percorso, i retroscena della sua arte e i sogni che accompagnano il suo debutto in Italia.

  • Benvenuta sul nostro magazine, raccontaci brevemente chi sei… prova a dire qualcosa di te che possa attirare altri fan.
    Come canta Sting: “I’m an Englishman in New York.” Io, invece, sono una bielorussa in Italia. Per Sting era più semplice comunicare a New York, non doveva sforzarsi per imparare una nuova lingua. Sono una giornalista televisiva di formazione, laureata all’Università di Minsk. Avevo lanciato il mio programma d’autore alla TV bielorussa, ma le cose cambiavano con una rapidità pazzesca: cambiava la politica, l’élite, le regole, l’economia—insomma, tutto. Sono nata in un Paese che non esiste più: l’Unione Sovietica. Devo dire che il crollo è stato vissuto dalla maggioranza delle persone con grande dolore e spavento. Avevamo ragione; le prime euforie dei cambiamenti hanno portato, dopo un caos politico ed economico, all’appropriazione dei risultati positivi delle generazioni precedenti a vantaggio di pochi.

    Nelle donne l’intuito è molto sviluppato. Non chiedetemi come funziona, ma funziona. Il mio intuito mi diceva che rimanere impotente in un Paese che ha tirato il freno a mano sarebbe stato frustrante. Ho deciso di venire in Italia, perché conoscevo già il Paese e collaboravo con aziende bresciane per scambi commerciali. Con un’amica abbiamo fondato una società immobiliare per costruire case per italiani. Ho imparato il mestiere da zero e ho organizzato la costruzione delle prime case per 15 famiglie italiane. Poi la crisi immobiliare, la pandemia e l’inizio della guerra in Ucraina hanno sconvolto i programmi.
    Ho cominciato a scrivere poesie per distrarmi dai pensieri pesanti durante la pandemia. Scrivere quasi ogni sera è diventato uno stile di vita per me. Due attività che non mancano nelle mie giornate sono lo sport (30 minuti di pesi) e l’incontro con il mistero della parola. L’ultima cosa avviene di solito la sera, quando il mondo esterno si addormenta e non mi disturbano i rumori esterni. In tre anni ho scritto circa 900 testi in russo. Anche nella scrittura, come nello sport, l’allenamento porta ai risultati. Ho pubblicato tre libri di poesie in russo e ricevuto recensioni positive ed emozionanti che mi hanno stimolato a continuare.
    E così sarebbe stato se non fosse stato per un ragazzo sconosciuto online, Aleksandr Ivlev, che mi ha inviato una canzone scritta sulle mie parole. Da lì, la mia poesia è diventata musica. Sicuramente, la canzone ha un potere divulgativo maggiore; posso dire che ora mi posiziono come cantautrice.
  • Come descriveresti il tuo rapporto con la poesia e quando hai capito che poteva trasformarsi in musica?
    Ci sono cose difficili da spiegare a parole senza sconsacrarle; l’unico modo per farlo rimane la poesia: una metafora, un filo sottile che unisce emozione e logica per trasferire un’idea o un sentimento profondo. La musica aiuta le parole a trasmettere l’intensità del pensiero e del sentimento.
  • “Questo Autunno” esplora il conflitto tra modernità e tradizione. Qual è, secondo te, il valore più importante che stiamo rischiando di perdere?
    Essere se stessi. Gli standard della vita moderna cercano di uniformare tutti per scopi di controllo e gestione: tutto deve “quadrare”. Per spostarsi dal punto fermo bisogna essere fuori classe, invece; ciò richiede coraggio nel mettersi in gioco senza paura del giudizio.

    E poi … rischiamo di perdere la nostra capacità di provare  emozioni. Rischiamo di diventare sempre più macchine insensibili.
  • La tua musica invita a riflettere. Credi che oggi il pubblico abbia ancora tempo e voglia di soffermarsi su temi profondi?
    Tutto cambia quando capita l’imprevisto: un brusco cambio di programma che pochi      potevano prevedere—sia nella bella sia nella cattiva sorte—fa sì che le domande profonde emergano: perché è successo? Perché proprio a me? Cosa significa? Dove ho sbagliato? Cosa devo fare? Le opere serie possono ricordarci che tali momenti possono arrivare e farci provare a capire come avremmo risposto alle domande del destino.

    Qualsiasi opera d’arte messa davanti ai nostri occhi agisce come uno specchio; ognuno vede nell’opera qualcosa di personale. L’idea dell’autore è importante, ma ciò che suscita nei nostri pensieri è ancora più significativo.
  • Hai vissuto un percorso intenso, lasciando il tuo paese per motivi politici. Quanto ha influenzato questa esperienza sul tuo modo di scrivere e comporre?
    Tantissimo. Leggevo in passato opere degli autori “della guardia bianca” che riuscirono ad abbandonare la Russia dopo la Rivoluzione del 1917. Quegli autori non venivano studiati nelle scuole perché non rappresentavano l’esempio del patriottismo.

    Mi sono laureata in studi umanistici, ma molte opere degli autori esiliati o proibiti dal sistema sono diventate accessibili solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica; tra questi ci sono autori che mi hanno ispirato a iniziare a scrivere: Brodskij (premio Nobel), Osip Mandelstam (il mio preferito) e Boris Rizij (lo chiamano spesso l’ultimo poeta russo del 20 secolo).
    Quando crolla il mondo—dove tutta la tua vita precedente faceva da cornice—ti senti come un naufrago buttato dalle onde sulla spiaggia; devi ricominciare da zero: dalla lingua agli usi e costumi fino ai modi di pensare e agire. Accetti volentieri molte cose; altre meno.
    In te convivono due versioni: quella che parla russo e quella che ha appreso il mondo occidentale cercando di farlo suo; sono due persone diverse con sogni diversi nelle lingue diverse.
    Amo l’Italia: è un paradiso terrestre per bellezza e storia, ma mi manca anche il mio paese—la gente—e forse anche la versione precedente di me stessa. Nella mia poesia scrivo spesso di questo attraverso metafore del treno o del viaggio.
  • Cosa ti affascina della lingua italiana, e come hai scelto di usarla per il tuo debutto musicale?
    Vivo in Italia da anni e gli amici mi chiedevano di cosa parlassero le mie canzoni; per spiegare questo bisognava sconsacrare la poesia stessa. Questo mi ha fatto venire l’idea di provare a scrivere i testi in italiano, meglio dire, di tradurre le mie poesie russe  nella lingua italiana, il che significa in realtà scrivere un pezzo nuovo da zero basandomi solo sulla composizione del testo originale in russo.

    La lingua italiana è una lingua d’amore; ha un suono dolce e morbido, avvolgendo l’udito con la sua musica. Sono particolarmente interessata alla comparazione dei testi originali della poesia russa con le loro traduzioni italiane.
    Ho letto i poeti italiani classici in italiano; mi piacciono particolarmente Alda Merini, Patrizia Valduga, D’Annunzio e Ungaretti. La traduzione della poesia russa in italiano che mi ha colpito particolarmente è stata “La nuvola in calzoni” di Vladimir Majakovskij tradotta da Maria Achmatova e Giuseppe D’Ambrosio Angelillo.
    Mi piacerebbe scrivere una musica rap per qualche rapper italiano sulle parole di Majakovskij; penso potrebbe essere un progetto sorprendente!
  • Se dovessi descrivere ‘Questo Autunno’ con un’immagine o un ricordo personale, quale sarebbe?
    La paura di un disincanto
  • C’è una canzone o un artista che considera il tuo rifugio quando hai bisogno di ispirazione o conforto?
    Ci sono tantissimi. Per scrivere le poesie ho bisogno di una musica di sottofondo. Ho fatto una raccolta nella mia libreria del cellulare. Per non essere distratta dalle parole degli altri metto la musica strumentale, i classici moderni. Qualche nome dei miei preferiti: Federico Albanese, Stephan Moccio, Anna Phoebe, Sebastian Plano, Pavel Fedorov, Olafur Arnalds, Matteo Myderwyk , beh, Max Richter, ovviamente)
  • Con quali emozioni sperimenta che il pubblico lasci il tuo brano dopo averlo ascoltato?
    Di un mistero da decifrare o di qualcosa di insolito—non importa se l’emozione sia positiva o negativa—l’importante è che sia sconvolgente come un’esperienza mai vissuta prima.
  • Siamo uniti alla conclusione dell’intervista. C’è un aspetto che desideri condividere ma che non abbiamo avuto l’opportunità di chiederti? potresti portare una domanda e condividere la risposta con noi?
    Mi chiedo se, con il tempo, le macchine ci porteranno via la capacità di scrivere poesie e musica, di essere creativi. Non lo so, davvero. La velocità dei cambiamenti tecnologici spaventa.

    I tempi passano e le persone cambiano; ciò che rimane ancora immutabile è la natura umana, difficile da comprendere solo attraverso spiegazioni logiche e fredde. Rimane la religione per chi ci crede; per gli altri, c’è la poesia, meglio se cantata, perché sarà accessibile a tutti. La poesia è spesso un caos di sentimenti, i lampi che toccano il nostro sentire. Sarà capace di farlo la macchina? Non ne sono sicura. E poi… sarà capace la macchina di sbagliare? Molto spesso il segreto del successo si trova nell’inspiegabile coincidenza dei fattori, nel caso; lo si può poeticamente chiamare “un tocco divino”. Sarà capace di farlo la macchina? Non lo so. È importante, invece, non perdere la nostra umanità. La poesia e la musica sono strumenti preziosi per conservarla dentro di noi.

Conclusione:
Anastasia Anniemore24 non è solo una cantautrice, ma una narratrice che intreccia musica e parole per esplorare l’animo umano. Con “Questo Autunno” , ci invita a riflettere sul mondo in cui viviamo e su cosa significa essere autenticamente umani. Il suo viaggio, appena iniziato, promette di portare luce e profondità alla musica italiana.

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