Oggi abbiamo intervistato uno degli artisti che ha partecipato al contest World Music Official, il quarto classificato, medaglia di legno… Vasco Barbieri. Potete ascoltare la sua musica su tutti i digital store e nella nostra playlist.
- Ciao Vasco, benvenuto sulle nostre pagine… felici di farti questa intervista;
Già il nome è una storia… Raccontaci qualcosa su di te, brevemente… Chi è Vasco Barbieri?
Vasco Barbieri è senz’altro un musicista che ha impiegato anni ad accettare il suo nome all’anagrafe. Faccio musica da sempre, per passione e per necessità, mi fa bene, mi apre, mi permette di scoprire quegli angoli scuri che non ho voluto raccontare neanche a me stesso. Come musicista già il nome era un problema, esisteva già l’impareggiabile re del rock italiano!
Allora scelsi Bolasco come nome d’arte, era il cognome della mia bisnonna ed avrebbe reso Vasco Bolasco sicuramente più facile da ricordare… anche se sempre Il Vasco aveva scritto una canzone che s’intitolava Blasco. Allora, ignorando la promozione, ho consumato le dita sui pianoforti trovati nei caffè letterari del centro di Roma, dove ho avuto occasione di scegliere quali sarebbero stati i 10 brani che avrebbero composto il mio album The Turtle, Finché un giorno di 2 anni fa mi è stato offerto un contratto con l’etichetta discografica Maqueta Records e, con quella firma, ho deciso di fare i conti con il mio “Me” reale… con il mio inconscio, e cosı̀ abbiamo lasciato che le mie dieci “creature”, le mie canzoni, imparassero a suonare indipendentemente da me sulle radio e sui computer di tutti… spero. - Quando e come ti sei avvicinato al mondo della musica? Com’è stato il tuo percorso artistico fino ad oggi?
La mia urgenza di musica è derivata da un incidente che ho avuto a sette anni che mi ha fatto abbassare di molto la vista e mi ha costretto/permesso di sviluppare di più l’udito. Vedevo le frequenze emotive, le auree colorate intorno alle persone. La prima volta che ho toccato un pianoforte fu quando tornai dall’ospedale e sentii un amico di mia madre suonare Caruso di Lucio Dalla; ne rimasi estasiato. Per questo timidamente ho provato a risuonarla ad orecchio. Avevo 7 anni. Da allora non ho più smesso. All’inizio presi delle lezioni di musica classica, cosa che mi portò ad aborrire tutte quelle regole e schemi e mi convinse che il mio obiettivo era di andare aldilà di quegli schemi. Perciò ho suonato il più possibile in giro per locali da quando frequentavo l’università (ci ho messo anni a superare la mia timidezza), in cambio di uno shot o qualche cosa da bere, avrei accettato qualunque cosa, avevo bisogno di suonare. Finché non sono andato a vivere da solo e ho dovuto vendere il pianoforte per sopravvivere. Per fortuna mio nonno mi diede la tastiera di quando era giovane. Allora ho iniziato il mio percorso nella musica elettronica, cominciando ad interessarmi alle frequenze e avvicinandomi alla Musicoterapia. Durante il lockdown, infine, mi sono iscritto a un corso di composizione in una scuola di musica e ciò sta sobillando i miei istinti verso la creazione di canzoni sempre meglio strutturate. Voglio sapere tutto della musica! - Ci sono differenze tra Vasco artista e Vasco persona?
Credo mi cambi la forma dell’occhio quando mi metto al pianoforte. Improvvisamente sono totalmente rapito da quell’idea musicale e corro a cercarne la tonalità migliore per realizzarla. Il Vasco musicista è un invasato, un sognatore, uno con la testa altrove. Dall’altra il Vasco persona deve pagare un affitto e procurarsi del cibo, oltre l’alcol dei locali perciò, avendo studiato Filosofia, è difficile compiere una scelta definitiva: mentre scrivevo quelle canzoni riguardo alla mia crisi esistenziale e la mia crescita personale, feci caso che io avevo bisogno di tamburellare le dita il più possibile su una tastiera e, quindi, il destino ha deciso che finissi per fare come lavoro “economicamente retribuito” siti internet. Tastiera per tastiera. Quindi diciamo che c’è una divisione radicale fra i due Vasco, come i cavalli della biga alata di Platone: quello bianco artistico che mi tira verso il cielo e il cosmo infinito, e quello nero che invece mi ricorda che devo mangiare nella stalla e mi tira verso terra: uno amplia i confini e l’altro prova a metterli in ordine. Una dicotomia radicale che, grazie al lavoro come musicista, sta acquisendo una sua composizione ed utilità.
- Il tuo inedito s’intitola “Love Remains”, vuoi raccontarci qualcosa su questo brano? Com’è nato e di cosa parla?
L’Amore Resta, Love Remains. Ricordo perfettamente com’è comparsa. Stavo tornando a casa e, a un certo punto, mi sono ritrovato fra un teatro chiuso ed una fermata dell’autobus affollata di persone con il collo chino sui i loro cellulari, e ciò m’inquietò moltissimo. Mi sembrò che la creatività si fosse fermata perché le persone erano state tutte ipnotizzate dai propri intrattenimenti. Credo di aver scritto questa canzone in reazione a quella sensazione: sperando che non potesse ridursi tutto a quello e che, comunque, l’amore, le sensazioni genuine e la specialità delle piccole cose sarebbe rimasta sempre viva! Per questo, abbiamo scelto di dedicare il video a tutte quelle persone che durante il lockdown sono rimaste sole e si sono sentite perse, per ricordare che comunque, quando siamo soli, riaffiorano una valanga di ricordi importanti che, come le fotografie del video, cadono in testa provando a distogliere dalla sigaretta, dal tuo eccesso mentale. Perché sono i bei ricordi che salvano e sono loro che possono continuare a far sperare che l’Amore, comunque, Resta. - Scrivici la frase più importante di questo brano e, se vuoi, spiegaci anche il motivo.
Dato che non è un brano italiano, scrivici anche la traduzione.
L’inizio! “There is something more I’m sure can’t be just a fact of coincidenze”. C’è qualcosa di più, ne sono sicuro, non può essere soltanto una questione di coincidenze. E’ stato il motivo per cui ho scritto questa canzone: la speranza che ciò che ci capita non sia soltanto frutto del caso, ma che abbia un senso ed una sua logica. Per questo ho scritto il pezzo in Re maggiore, perché è una tonalità che apre, che invita a una rivalsa, ad una propositività.
C’è qualcosa di più, ne sono sicuro, non possono essere soltanto coincidenze. Di fatto andiamo solo avanti e indietro nel tunnel della nostra coscienza, comprendendo che alla fine siamo rimasti sempre qui, in questo posto chiamato mente. Questo qualcosa sta dappertutto: sulla terra, dopo la morte, soltanto in quello a cui crediamo di appartenere. È una questione d’esperienza e di ciò che pensiamo di sapere alla fine è solo questione d’illusioni. Ma sono sicuro che ovunque andrò ritroverò il tuo sorriso, i tuoi occhi, i tuoi passi. L’amore resta, l’amore resta, l’amore resta. Potranno accadere momenti duri durante la tua vita, in cui tante persone proveranno a farti cambiare idea. Forse un giorno riuscirò a diventare un uomo, con una mia casa, una macchina, una sposa. Alla fine saremmo potuti rimanere amici, consapevoli entrambi che il passato non si consumerà mai. Perché sono sicuro che ovunque andrò ritroverò il tuo sorriso, i tuoi occhi e i tuoi passi. L’amore resta, l’amore resta, attraverso lo spazio tempo, attraverso lo spazio tempo, l’amore resta. - Parlaci brevemente dei tuoi brani precedenti…
L’album The Turtle va concepito come un concept album, ovvero tutte le canzoni vanno considerate come dei gradini di un’unica scala che termina con l’ultima canzone:
Take it easier. Sono i passi che ho fatto per diventare l’uomo che sono oggi, per rompere il mio carapace da tartaruga e tornare a guardare le stelle. Ognuna di queste canzoni è un momento ben preciso di questa rottura con le mie paure ed insicurezze, Da Hey, con cui mi chiedo perché sto continuando a titubare, a Believe, Yes (Allora), su su sino a Occurs (Capita), Convert (Converti),.. ognuno di questi pezzi è stato frutto di aspre battaglie interiori fra un giovane stra-pensatore che procrastinava il suo mettersi in gioco e l’uomo che stava diventando, che continuava a sgridarlo e a rassicurarlo. Ho scelto di fare questo album perché penso simboleggi la battaglia di molti di noi che si trovano un mondo sconfinato davanti e vorrebbero fare tutto ma che non riescono a scegliere da dove cominciare. Per questo consiglio di ascoltarlo tutto d’un fiato, tutto l’album, e lasciarsi stravolgere, coinvolgere e rialzare. Per meglio capire questo percorso, vi lascio il link ai testi delle canzoni sia in lingua che in italiano: urly.it/3f6jh.
- Progetti per il futuro?
La prima cosa che mi fu rimproverata all’uscita dell’album fu che era scritto in inglese, per cui non sarebbe potuto arrivare a tutti. Per questo sto scoprendo la parte italiana del mio inconscio e, vi confesso, mi sta aiutando moltissimo a chiarirmi un sacco di cose. Perciò ora sto lavorando su un singolo in italiano che mi piacerebbe fosse prodromo all’incisione di altre canzoni che sto scrivendo. Quest’anno, inoltre, lo studio della composizione mi sta aprendo ulteriori prospettive e mi piacerebbe moltissimo potermi dedicare presto alla musica da film ed alle colonne sonore. Parallelamente ho dovuto scoprire il mondo dell’autopromozione musicale ed ho trovato una passione per moltissimi giovani talenti ancor sconosciuti che meriterebbero una comunicazione ad hoc. Il mio futuro sarà come il mio presente: sempre più musicale! - Per quale motivo la gente dovrebbe ascoltare la tua musica? Credi di avere di qualcosa di diverso rispetto agli altri?
Non credo che la parola “dovrebbe” sia la più giusta, preferisco potrebbe. No, non ho niente di diverso dagli altri, ho avuto soltanto un percorso straordinario di vita che mi ha concesso di approfondire aspetti che spesso passano inosservati e penso che valga sinceramente la pena soffermarvisi. Credo che questo album potrebbe rincuorare molti cercatori solitari, come sono stato io, ed incoraggiare molte anime desolate a provare ad andare avanti. Quest’album è soltanto la confessione di uno come tanti che, però, ha preferito interpretare le sue disavventure come occasioni da sfruttare. Il messaggio di fondo vuole quindi essere quello di tradurre i propri limiti, le proprie differenze, in occasioni e punti di forza. Con la mia musica vorrei soltanto prenderci tutti per mano e andare avanti come una squadra, dicendoci che ognuno di noi è diverso, ed è per questo che è speciale e vale la pena ascoltare la sua storia. - Cosa pensi della musica attuale? Quali sono i tuoi artisti di riferimento?
La musica attuale? La rivoluzione del mercato con internet e le sue piattaforme streaming credo abbia permesso di far diventare qualunque momento della storia musicale presente, per cui sento fare del rock anni ’70, sento la Trap, sento l’elettronica, la minimal, la nuova classica. Non ho un parere generale su tutto, la cosa che apprezzo però di più è la ricerca e la sperimentazione e mi auguro che continueremo tutti ad essere sempre curiosi. - Siamo arrivati a fine intervista… Domanda a scelta.
C’è qualcosa che non ti ho domandato ma che avresti voluto ti chiedessi? Puoi farti una domanda e risponderti.
Mi chiederei “Vasco, con le tue canzoni mi è sembrato che tu abbia proposto dei messaggi forti ed abbia affrontato questioni profonde e di una certa rilevanza personale. Che ruolo attribuisci alla musica e che funzione le dai?”
Personalmente la musica mi ha salvato la vita, mi rimette al mondo, mi ricarica di ossigeno ed energia. Nella storia la musica ha avuto ruoli diversi, evocativo, spirituale, di intrattenimento, critico,… oggi penso che si possa ambire ad avere tutti questi ruoli contemporaneamente. Mi viene in mente Buckley, Leonard Cohen, Benjamin Clementine, artisti che sicuramente potrebbero esser considerati esemplari. Mi auguro che la musica torni ad essere insegnata seriamente nelle scuole perché l’armonia è un argomento importantissimo sia per lo sviluppo del pensiero che dello spirito. Poi sono convinto che in quest’epoca dell’immagine la musica potrà aprire nuove porte alla percezione delle persone sensibilizzandole su quanto c’è ancora da scoprire e da sentire. Sono sicuro che questo diventerà sempre più un secolo musicale e sonoro e la musica acquisirà un ruolo da magistra vitae.